Il filmone - Lo chiamavano Jeeg Robot: tutto tranne che un supereroe



Sei stato fortemente incerto se porre questo post nel tuo secondo blog, dove parli in maniera semiseria di film, o in questo, dove tratti molto di quello che si ricollega ad anime e manga in maniera canzonatoria. Alla fine hai optato per la seconda opzione ma con un qualcosa di diverso: stavolta niente facili battute, la recensione - si, vabbè, parolone; diciamo "le due parole che butti giù" - sarà piuttosto severa e persino senza i fatidici 5 punti 5. Detto questo, cominci. 

“Lo chiamavano Jeeg Robot” è un film del 2015 diretto e prodotto da Gabriele Mainetti. Completamente italiano, descrive la versione alighiera del supereroe in contrapposizione ai superuomini di Marvelliana memoria e agli altrettanto improbabili eroi provenienti dalla Terra del Sol Levante.

In 118 minuti lo spettatore sarà calato nella cruda e spietata realtà della Roma di oggi giorno, quella ben lontana dal Colosseo e dalle lussuose botteghe della Capitale, quella in cui la malavita ancora spopola in maniera tutt'altro che nascosta, quella fatta di appartamenti in sovraffollate zone urbane di periferia dove sbarcare il lunario è in parte un’arte e ancor più di più una necessità. 

Quel che ne deriva è un film ben costruito, reale e assolutamente memorabile. 


I personaggi…

Dimenticarsi il prode ragazzo che scopre di avere dei poteri eccezionali causa strani esperimenti scientifici , dimenticarsi l’alieno venuto dallo spazio e abbandonato dai suoi simili sul nostro pianeta, dimenticarsi il milionario che, per non aver nulla di meglio da fare o forse spinto da un senso di giustizia permesso dalla sua vita agiata, si maschera da pipistrello e si avvale degli ultimi ritrovati della scienza. Non parlare nemmeno di robot, magie, cavalieri, spade e reami incantati. 

Il protagonista è Enzo Ceccotti, un povero uomo che vive in un appartamento nella periferia di Roma, sporco e appena abitabile; mangia quello che può quando può e conduce qualunque tipo di lavoro - sovente piccoli furti o altre attività illegali – gli permettano di sopravvivere. Nel momento in cui acquisisce una forza sconsiderata accompagnata da capacità di guarigione accellerata – ma non infinite; il mignolo del piede tagliatogli con una mannaia non gli ricresce né gli si riattacca - la sua vita non cambia di una virgola: continua a comportarsi nella stessa maniera, soltanto stavolta non avendo più il costante problema dei soldi. Non è altruista e mai lo sarà: come prima cosa decide di svaligiare un bancomat al fine di mettere qualcosa di leggermente più raffinato sotto i denti. Il suo non è un dono divino che gli viene chiesto di mettere a disposizione degli altri: è un colpo di fortuna inaspettato che gli rende la vita un po’ più agevole e soddisfa solo i primari bisogni. Non conosce raffinatezza perché non l’ha mai sperimentata; non comprende uno stile di vita agiato perché non l’ha mai provato. E cosi rimane, fino alla fine. Ma è dotato di superpoteri gentilmente ed inspiegabilmente conferitigli dal Fiume Tevere in cui rischia di annegare dopo rapina con cui si apre il film. Non ci sono sentimenti nobili ed altruistici in chi non ha mai avuto quel minimo necessario alla vita per poterli anche solo pensare; non ci sono mai state nella sua vita relazioni interpersonali che veramente lo abbiano coinvolto al punto da manifestare un briciolo di sentimento. 

Solo la relazione con Alessia, la figlia di un compagno di una rapina finita male, sembra per un momento e con notevoli difficoltà iniziali, smuoverlo dal grigiore della sua vita. Tuttavia dovrà sperimentare la perdita dalla ragazza. La quale appare come una giovane donna totalmente devastata dalla vita fin li condotta, fatta di probabili anche se mai esplicitati abusi sessuali e di fuga in una realtà alternativa popolata dall’eroe dell’infanzia: Jeeg Robot D’Acciaio. Instabile – per usare un eufemismo – mentalmente ma decisa al punto giusto da far intraprendere all'eroe un inizio di cambiamento che purtroppo verrà vanificato dalla sua prematura morte. Un personaggio che ispira al contempo volontà di protezione e tenerezza e quasi disgusto; un personaggio che appare quanto mai reale, completamente priva di qualsiasi caratterizzazione positiva la possa far assurgere a ragazza dell’eroe di turno. 



Una statua dovrebbe poi essere eretta al villain: un disadattato di nome Fabio Cannizzaro e di soprannome Zingaro con la costante aspirazione ad uscire da quella vita torbida fatta di malaffare che lo caratterizza e con un forte egocentrismo derivantegli dall'esser stato da bambino parte di Buona Domenica. Nella sua testa malata lui merita di più, anzi ha diritto a di più; vuole rientrare in quello stardom che gli è stato tolto e cui sente di appartenere. Qualunque maniera gli consenta di ottenerlo è lecita e perseguibile. Non lesina uccisioni semplicemente nei confronti di chi gli ha risposto male; non rinuncia a costanti giochi mentali – che spesso, data la sua sostanziale mancanza di intelligenza, nemmeno riescono – ai danni di compagni e nemici; non disdegna vestire e profumarsi come facesse ancora parte del magico mondo dello spettacolo. Una perfetta mistura del diabolicamente raffinato Joker di Batman e del totalmente perfido Mr. X di Tana delle Tigri. Se l’eroe è egoista perché le circostanze lo impongono, il villain lo è perché avverte che gli è stato tolto qualcosa che di diritto gli spetta; al villain interessa in parte l’affermazione e il riconoscimento sociale – specialmente dopo che acquisisce i super poteri a sua volta – e in altra parte il miglioramento delle condizioni di vita. 

Tutto attorno gli altri personaggi di contorno, forse meno incisivi ma sicuramente altrettanto importanti nel costruire un contesto che è uno dei punti fortissimi del film. 

.. e chi li personifica

Ovvero gli attori. Tutti a dir poco sconvolgenti nella loro bravura

Claudio Santamaria riesce a bucare lo schermo con quella sua espressione persa di chi si sente costantemente inadatto alla situazione e che ha perso perfino la voglia di sperare in qualcosa di diverso da quanto vive. 

Luca Marinelli, oltre ad una impersonificazione da Oscar, sfoggia un passaggio con interpretazione del brano “Un’emozione da poco” a dir poco memorabile. 

Infine Ilenia Pastorelli. Sottovalutata perché senza esperienza di recitazione e per una partecipazione al Grande Fratello – considerato sinonimo di trash ad ogni costo – vince il David di Donatello come miglior attrice non protagonista – ed è in buonissima compagnia chè il film si appropria di 8 premi in totale. Non vuoi aggiungere altro perché le ragioni sono tutte nel film. Guardatelo. 

La regia, la sceneggiatura

In una parola: ispiratissima. Fatta di una miriade di scene focali che rimangono dopo la visione, con i tempi giusti in maniera da far volare il tempo speso per la visione e con una costruzione delle ambientazioni a dir poco fenomenale. Senza effetti speciali di alcuni tipo, senza computer grafica spinta, senza milioni spesi in costumi e trucchi, senza coreografie o scene di azioni irrealistiche. Tutto è nudo, crudo, immediato, reale. 



Jeeg Robot D’Acciaio

Costante amarcord del film sia visivamente – i protagonisti infatti ad un certo punto si guardano l’intera serie comprata da Enzo – sia sonoramente – più volte rieccheggia la storica sigla italiana del cartone animato in diverse versioni per poi concludere con i titoli di coda – sia soprattutto a livello di citazioni continue a Regina Amiba, Grotta del Fuoco e Hiroshi Shiba propinate da Alessia e tali da convincere persino il riluttante Enzo ad adottare quel nickname. 

Conclusioni

Un film che capovolge tutto quello che dei supereroi si sa e lo fa nella maniera più inaspettata e al contempo spiazzante e piacevole possibile. Entrerete in sala credendo di assistere al solito sfoggio di poteri irreali e inspiegabili; uscirete convinti che la realtà possa talvolta essere più valida ed evocativa della finzione. E qualora questo non bastasse è possibile anche accedere al fumetto di 32 pagine, uscito anche con la Gazzetta dello Sport, che costituisce una sorta di sequel breve dei fatti narrati. Per concludere in bellezza


"Va, distruggi il male e va".  

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