Blade Runner: alcuni motivi per ricordarlo a (più di) 30 anni di distanza



1982. Anno in cui l'Italia guidata da Bearzot vinceva i mondiali - gli stessi cui non si parteciperà nel 2018, eh - e i Duran Duran già cominciavano a spopolare e a sollevare le psicosi di orde di adolescenti ferormoniche. E anno di Blade Runner, film di fantascienza diretto da Ridley Scott e liberamente ispirato al romanzo del 1968 "Il Cacciatore di Androidi" (Do Androids Dream of Electric Sheep?) di Philip K. Dick.

A fronte di un successo parziale al momento dell’uscita e di varie critiche - tra cui il ritmo eccessivamente lento -, Blade Runner è ora un cult, un film con cui tutta la successiva produzione fantascientifica ha dovuto confrontarsi andando ad attingere a piene mani o vagamente ispirandosi. Ecco, tu lo hai visto quest’anno per la prima volta: e si, devi fare mea culpa per aver cosi a lungo trascurato un pezzo di storia della filmografia mondiale. 

Perché, detto in parole semplici, più ti addentravi nella storia di Deckard e più ammiravi lo scenario creato da Scott, più nella tua mente saltavano fuori connessioni con altre pellicole venute dopo che allo stesso devono in una certa qual misura essersi ispirate. Segno tangibile del film che segna un’epoca ben lungi dall’essere peraltro conclusa. 

E allora, per la visione di un profano, quali sono le cose per cui Blade Runner si guarda con piacere ancor’oggi? Dopo la pubblicità ad ologramma. 


1 – L’ambientazione

Piove sempre, è sempre tutto scuro, la città è in rovina e l’atmosfera di decadenza che si respira nelle strade piene di bancarelle stile Chinatown dei tempi peggiori va a contrastare con la tecnologia futuristica fatta di auto volanti - chiamate Spinner e che utilizzano tre propulsori differenti: un motore a combustione interna, motore a reazione e antigravità -, ologrammi in qualunque dove, ombrelli con supporti luminosi, videotelefoni pubblici - sucare Skipe -, ziggurat cibernetiche in piena LA - no, davvero - e schermate di computer a cristalli liquidi che però ricordano a tutti il periodo in cui il film uscì. E’ il cosiddetto design retrofuturista accompagnato da uno spiccato senso neo-noir; un marchio di fabbrica di una pellicola che, anzi, ha probabilmente creato il genere stesso. 

Si va molto oltre in realtà, accentuando il senso di rovina di una società post apocalittica oltrechè dal punto di vista atmosferico pure da quello architettonico: grattacieli si stagliano sul panorama della grande città e oscuri locali in cui si praticano prostituzione e spettacolini rivedibili coi serpenti si accompagnano a case in totale disfacimento come nemmeno Resident Evil 15 anni dopo – no, davvero; la classica inquadratura dal fondo del corridoio oscuro illuminato solo da luce che proviene da distante cominci a credere sia stata presa da qui – accentuando l’impressione di costante oppressione e claustrofobia. Sicuramente non migliora la situazione il fatto che la vita animale e vegetale sia pressochè scomparsa: quasi tutti gli animali in circolazione sono sintetici, ed è pure proibito uccidere quelli veri sopravvissuti.

A voler utilizzare un termine semplice si potrebbe parlare di una “totale mancanza del bello”

2- Il contesto sociale

Anno 2019. Innanzitutto il genere umano è già riuscito a muoversi oltre gli stretti confini del proprio pianeta di origine ed arrivare, giusto per fare un paio di esempi, presso i bastioni di Orione – che non sono proprio vicinissimi – e alle Porte di Tennhauser – non hai idea di dove siano -. Sulla terra - in cui domina un linguaggio chiamato cityspeak, parzialmente ispirato all'ungherese - ormai morente sono rimasti solo gli scartati alla visita preliminare di trasferimento nello spazio in quanto malati - come uno J.F: Sebastian che soffre di sindrome di Matusalemme o da invecchiamento precoce che dir si voglia – oppure coloro che non possono permettersi il viaggio verso le colonie. 

La forza lavoro è costituita di androidi che vengono denominati replicanti; svolgono tutti i lavori che gli esseri umani non vogliono fare - essenzialmente quelli più rischiosi come guerrieri per la colonizzazione spaziale; nel film vengono però anche indicati modelli di robot "da dolce compagnia" - e sono trattati come veri e propri schiavi; sono dotati di capacità mentali e fisiche superiori - ad esempio alcuni modelli sollevano comodamente e ripetutamente 200 kg -. La produttrice Tyrell Corporation li vende con lo slogan "più umani degli umani" ed in effetti ben presto si scopre che, nonostante fossero "programmati" per non aver alcun tipo di emozione, con l'esperienza ed il contatto finiscono per manifestarne; ragion per cui viene loro data una vita limitata a soli 4 anni. E loro se la prendono: in una colonia si ribellano e si arriva al Black Out e a proclamarli illegali sulla Terra e quindi da "ritirare", termine elegante per indicare che devono essere uccisi dai Blade Runners. Non hanno chiaramente ricordi di vita passata ma la Tyrell, con la serie Nexus 8, già aveva cominciato a provare ad innestarne e pure di reali - cioè presi da quelli di persone realmente esistenti - ma su questo ci tornerai quando e se parlerai del film del 2017.


3- La realizzazione tecnica

Siamo in era pre CG o agli albori della stessa: realizzare un film costa parecchio ma alla fine il risultato appare più "vero". Blade Runner è uno degli ultimi film di fantascienza che non utilizza effetti speciali creati al computer. La scena iniziale, in cui si vede una panoramica della città, è in realtà la ripresa di un modellino a prospettiva forzata profondo solo 4,5 metri e formato da sagome di palazzi riprodotti in serie. Le esplosioni di gas sono vere: vennero registrate e poi proiettate sul modellino una alla volta, cosicché la scena iniziale è in realtà la sovrapposizione di moltissime riprese. Le riprese esterne vennero modificate in post-produzione con la tecnica della pittura dei mascherini. Anche le scene girate nell'ufficio del dottor Tyrell furono cambiate nella parte superiore, perché non era possibile ricreare sul set in modo credibile gli effetti di luce che il sole avrebbe dovuto produrre.

4- I dubbi sulla trama

Non molti in realtà ma vale la pena di notare che del film sono state distribuite sette versioni differenti, in base alle scelte, spesso controverse, dei diversi responsabili. 

I finali sono in parte diversi; tu hai visto quello "felice" che vede Deckard e Rachel scappare ed ammirare un bel paesaggio naturale; nella versione "Director's Cut" nella quale Scott ha avuto piena libertà artistica si vedono invece i due innamorati scomparire dietro le porte di un ascensore. Cosa cambia? Che nel primo, grazie anche ad una - odiatissima da parte dell'attore che impersona Deckard, Harrison Ford - voce narrante si capisce che Gaff, galoppino del capo della polizia Bryant, aveva concesso a Deckard e Rachel di fuggire; nella seconda ciò non è acclarato.

Soprattutto rimane l'annosa questione se Deckard sia pur'egli un replicante. Indizi ve ne sono, eh; in particolare il fatto che Gaff lasci l'origami di un unicorno, animale in precedenza sognato da Deckard e che gli aveva permesso di arrivare ad uno dei replicanti, segno che i ricordi del buon Ford erano "impiantati" e non suoi. Lo stesso Scott confermerà il tutto nel 2000; altri responsabili dell'opera però - in primis lo stesso Ford - sosterranno la tesi contraria.

E il quesito rimarrà aperto pure con la prosecuzione, Blade Runner 2049. 


5 - La frase ad effetto

Che è divenuta ormai parte del gergo comune, talmente è famosa. Poco prima di morire causa scadenza dei 4 anni, il principale antagonista Roy Batty dirà infatti: 
"Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi."
E continua con un bel:
" Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire. "
Boom. 


E non hai finito qui. Tornerai a parlarne al tuo ritorno dai Bastioni di Orione.

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