Il Filmone: Non mollare mai: affrontando i Giganti - uno sportivo liceale ma con quel pizzico di fede in più



Ti viene in mente ora che non hai mai parlato prima su questo blog – e nemmeno in quello secondario - di un genere di film che comunque adori: lo sportivo liceale americano

Si, per te che un po’ di sport di squadra l’hai fatto, vedere dei ragazzi – o delle ragazze – cimentarsi in imprese memorabili – in assoluto o anche solo relativamente al loro “piccolo” mondo quotidiano – ti emoziona sempre. Hai cosi visto titoli come “Remember The Titans” – in italiano arrivato come “Il Sapore della Vittoria” – che parlano di sfolgoranti vittorie locali oppure “Glory Road” – ita: “Vincere cambia tutto” – o "Miracle" che invece portavano su grande schermo imprese a livello mondiale importanti sia per il loro contenuto sportivo che per quello storico-politico. 

Con un comune denominatore: l’emozione. Nella piccola scuola di uno sperduto staterello americano come nell’arena del principale stadio mondiale. 


E riguardo a questo film? 

Cominci con le cose che ti sono piaciute e devi dire che l’emozione non manca effettivamente. La pellicola narra una vera storia di riscatto personale e professionale di Grant Taylor, allenatore della squadra di football liceale di uno sperduto paesino americano e sostanzialmente senza grandi pretese se non quella di formare giocatori che poi passano immancabilmente ai più accreditati Titans, detentori del titolo di stato da 4 anni. 

Demotivato professionalmente in quanto non in grado di ottenere i risultati sperati e sempre di fronte a problemi economici dovuti al suo scarso stipendio, si trova a dover affrontare anche grattacapi di carattere familiare dovuti alla scoperta dell’infertilità. Fortunatamente la sua consorte rimane con lui nella buona cosi come nella cattiva sorte. Al picco della sciagura una nottata di riflessione lo porta alla conversione religiosa. Via i dubbi, via le maledizioni: solo accettazione dell’operato divino ed adorazione. In tutti gli aspetti della sua vita: compreso il dire apertamente che la vittoria sul campo non ha importanza se non accompagnata da riconoscimento della grandezza di Dio. 

Ed ecco la svolta: impressionanti risultati sportivi, moglie incinta – dopo quattro anni di tentativi andati a vuoto -, riconoscimento sia economico che morale da parte della comunità del piccolo paesino con mantenimento del posto di lavoro, miglioramento della paga e regalino di nuovo pick-up a sostituire il catorcio precedente che non partiva se non con i cavi elettrici. Con il culmine di una vittoria nel campionato di stato inaspettata ed eroica.

Accanto alla vicenda di Mr. Taylor sta poi quella del giovane David Childer, ragazzo trasferitosi da poco che ama il calcio e vive con il solo padre in sedia a rotelle. Sicuramente toccante la scena del genitore che, al fine di dimostrare al figlio che tutto è possibile e basta volerlo e crederci, riesce ad alzarsi in piedi proprio nel momento del calcio – apparentemente impossibile – decisivo per l’intera stagione del piccolo kicker. Che, manco a dirlo, come nella più bella delle storie, lo realizza. 



Tutto bello si dirà; senonchè il tema religioso, dopo un’ora abbondante di continui rimandi – alcuni dei quali pure simpatici, come il discorso dell’assistant coach al kicker, pieno di metafore e citazioni bibliche al punto da diventare confusionario sia pure efficace – ti è anche andato fuori dalle orecchie. Se i discorsi motivazionali di Coach Taylor sono interessanti ed accattivanti e se la scena della prova fisica cui sottopone uno dei suoi giocatori solo per mostrare che può dare di più è caricante, è anche vero che non si sente come necessaria la presenza del riferimento religioso ad ogni – e sottolinei ogni – parola proferita come avviene nell’ultima ora di film. 

La lunghezza della pellicola – siamo su 1 ora e 40 minuti – appare un attimino esagerata per una storia che potrebbe concludersi comodamente in una ventina minuti di meno, con qualche parola in meno, qualche scena emozionante – si, perché la troppa emozione stroppia – rimossa e qualche sana spiegazione puramente footballistica in più. 

Perché, alla fine della visione, il cuore magari viene confortato ma il cervello rimane un po’ deluso. Senz’altro il cambiamento di atteggiamento sotto il profilo comportamentale e l’acquisizione di una motivazione forte – in questo caso religiosa – hanno il loro pregio: ma davvero non possono essere – ed è questo che appare dal film nel suo complesso – l’unica spiegazione di una stagione sportiva straordinaria. La mente svolge il suo ruolo essenziale e probabilmente primario ma il corpo deve risponderle efficacemente: il semplice “tieni duro” non permette al fisico di superare i propri limiti e quello che più facilmente può capitare ad un giocatore che chiede ripetutamente la sostituzione affermando di non averne più è l’infortunio. Cosa che qui non accade: se vuoi vedere come un pregio il fatto che non siano previsti momenti troppo drammatici in campo – come il classicissimo infortunio di “sacrificio” visto in altre pellicole del genere o addirittura la sciagura vera e propria che priva la squadra di un componente fondamentale - , quel realismo che in questa maniera viene accennato si perde con la presentazione di pseudo-super-ragazzi che superano costantemente i loro limiti fisici improvvisamente e sempre al momento necessario. Un po’ troppo, francamente: non si tratta di Super Saiyan. 

Per il resto buona è la recitazione degli attori e tutto sommato accettabilissima la costruzione del contesto della piccola cittadina; piacciono le piccole scene di vita sociale, l’introduzione dei diversi centri di interesse e il piccolo scenario “pro” e “contro” l’allenatore che mostra come il football sia una cosa parecchio sentita, uno strumento di aggregazione e quasi di identificazione in una piccola comunità. Non si arriva agli stupefacenti livelli di Mistery-Alaska sul punto: ma sicuramente il tutto è ben fatto. 


In conclusione un film che hai comunque guardato con piacere ma non quello che riguarderai. Per coloro che se la sentano di affrontare i giganti la direzione è questa.

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