Happy Hunting: a caccia nel sud del Texas di...uomini



Happy Hunting – traduzione italiana istantanea “Felice Caccia” - è un film del 2016 di Diestch e Gibson – sì, il figlio di Mel – della durata di 1 ora e mezza: survival sui generis, ti porta a indagare le deviazioni mentali dell’allegra comunità – 138 anime in tutto – di Bedford Rock, situata da qualche parte nel sud del Texas e molto vicina al confine messicano. 

Come? Lentamente ma efficacemente, più o meno come un fucile con colpo a canna. 

E la regola è sempre quella: 5 motivi 5 per decidere di vederlo o metterlo nella lista dei film da guardare per poi dimenticarsene allegramente. 


1- L’ambientazione

Sì, uno dei punti che ti sono piaciuti di più sono proprio i luoghi e la maniera in cui sono stati inquadrati dai due registi, andando a costruire, assieme e forse più dell’operato dei personaggi, l’atmosfera survival. 

Bedford Flats è una comunità di 138 anime che vive nel deserto del Texas a poca distanza da un altopiano roccioso – flats, appunto – in maniera stanca e consuetudinaria; tranne che per quel giorno dell’anno in cui decidono, così, di aprire la caccia all’uomo. E a quel punto gli autori si buttano a pesce su ampie vedute del luogo – che in realtà sono quelle della California del Sud dove il film è stato girato – desolate, con tanta sabbia, tanto arido e zero fauna e vegetazione che non sia brulla e assetata. Manca giusto il primo piano dello scorpione del deserto che si pappa l’insetto, magari non ci hanno pensato.

2- Bedford Flats

Altro punto di interesse, la piccola comunità texana e le sue buffe abitudini. Perchè passi pure il fatto che gli stranieri non sono proprio visti benissimo; che una volta l’anno si apre la caccia all’uomo; che sia approvata dalla stesso rappresentante della legge che anzi ne è il promotore; che sia fatta per ricordare le proprie origini e tradizioni di cacciatori di bisonti ormai estinti; ma che addirittura la telecronaca diretta sia trasmessa via radio e che l’ascoltino tutti manco fosse il Festival di Sanremo locale, beh, non te l’aspettavi. 

Una bella comunità con uno sceriffo che ha la sua idea di ordine; una famigliola di tre personaggi il cui sguardo rivela una devianza mentale che manco Saw; il proprietario dell’emporio, un cecchino che a confronto 10K di Z Nation è un pivellino; Steve, cacciatore ed ex cacciato nonché ex alcolista di grido redento o forse no; e così via. Il tuo classico vicinato, insomma. 



3- Il protagonista

Se la comunità d Bedford Flats è un po’ particolare, non è che il protagonista Warren sia poi uno stinco di santo: alcolista – pure lui - , drogato, spacciatore e con una figlia in Messico di cui ignora bellamente l’esistenza, alla fine, per qualche strano motivo, il più sensibile del gruppo di fuggitivi che cerca di aiutare gli altri. Un eroe che è l’icona dell’antieroe: funziona piuttosto bene sia quando mostra i suoi lati più bizzarri – ingurgitare qualunque cosa somigli anche solo vagamente ad alcool per evitare gli effetti dell’astinenza che poi saprà comunque persino superare – sia quando, sotto condizioni di stress e consunzione fisica tali da stendere Superman, usa ancora i neuroni per arrivare nella terra promessa del Messico. 


4- Splatter

Scene splatter a pochi soldi magari ma che alla fine impressionano il giusto. Si parte già all’inizio con una bella cecchinata in testa ad un povero vecchio stile Doc di Z Nation; si continua con altri headshots, coltellate, mutilazioni e tutto il pacchetto completo. Magari non fatte benissimo da un punto di vista grafico ma girate con inquadrature giuste e ben collocate nel contesto della storia in maniera da riprendere l’attenzione di uno spettatore che magari potrebbe appisolarsi nel corso della storia. 

5- Temi vari

Alla fine il film non pretende certo di far riflettere però inserisce qualche tema di tanto in tanto. Chiarissimo quello dell’emigrazione messicana verso gli States, con addirittura la scoperta di un tunnel sotterraneo che viaggia sotto le barriere erette per impedire penetrazioni illegali. 

Altrettanto chiaro quello della violenza quasi come abitudine e come tale per nulla ripudiata ma anzi accettata come normale maniera di risolvere i problemi; uomini che hanno superato i freni inibitori naturali. Ad un punto tale che, ad esempio, uno dei cittadini viene condannato alla caccia e i genitori non dicono nulla ma anzi accettano di buon grado godendosi invece la telecronaca dello sceriffo. Il quale, paradossalmente, è l’unico probabilmente a non riuscire ad uccidere: è lo stesso Steve, uno dei cacciatori in passato cacciato, a stabilire che la ragione per cui lui non hai mai partecipato alla caccia è la mancanza di coraggio nel premere il biglietto. 


Ok, hai finito, Adesso mi scusassero ma devi correre, per chi vuole unirsi la direzione è questa

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