Deathgasm: quando il metal arriva in Nuova Zelanda



La Nuova Zelanda è dall’altra parte del mondo, ma proprio agli antipodi dell’Italia: per coloro che facciano finta di non capire cosa questo significhi, se sei Italiota il posto più lontano da raggiungere sulla Terra è proprio l’isola dei Kiwi. 

Da quelle parti sapevi che si dilettano col rugby principalmente; tuttavia hai appena finito la visione di Deathgasm, film del 2015 scritto e diretto da Jason Lei Howden- i Black Sabbath lo abbiano in gloria – per scoprire che ci possono essere anche altri passatempi piuttosto divertenti. 

Il format è sempre lo stesso: 5 ragioni 5 per decidere di proiettare il film, nella direzione giusta o persino al contrario. 


1 – La trama 

Facile facile: nella smorta città di Grey Point c’è bisogno di un pizzico di movimento. Ci pensano due teen ager metallari – Brodie e Zakk, appartenenti ad una razza in via di estinzione ma per nulla protetta da quelle parti – che ritrovano un antico spartito recuperandolo dalle mani di una leggenda dell’Heavy Metal locale, tal Rikk Daggers. Formano una band assieme agli amiconi Dion e Giles – il primo un nerd occhialuto e bullizzato che accusa delle libidini non proprio normali con giochi di ruolo; il secondo un grassoccio che ne segue le orme – chiamandola Deathgasm; suonano lo spartito a più riprese – perché dai, vedere che il proprio zio assume l’aspetto di uno zombie che vomita sangue e con violente uscite di liquido rosso dagli occhi non era sufficiente ad insospettirli – e finiscono per evocare il Re dei Demoni, Aeloth. Costui non ha mica mire malvagie, no: vuole solo dominare il mondo possedendo anime e reincarnadosi in quella più ”oscura”. 

Alla fine la Fratellanza d’Acciaio – Brodie e Zakk, con quest’ultimo che è talmente fratello che si ciula la ragazza, Medina, che piace all’amico – avrà la meglio con il sacrificio di Zakk che provocherà allo spettatore un’indicibile quantità di lacrimoni tipo vedere una puntata di Arnold. 

2 – L’horror 

Dissacrante in ogni sua versione e palesemente demenziale. Splatter della maniera più semplice e diretta: teste mozzate di netto, ventri aperti con fuoriuscita di budella, braccia strappate, arti bellamente rimossi con ausilio di motosega. Il tutto confortato dalla presenza di copiosi flutti di sangue. 

Siccome questo non bastava, regnano i riferimenti sessuali piuttosto espliciti con seni scoperti – ed è il meno - , disegni di membri come decorazioni di immagini pseudo sataniche – ed è sempre il meno - , pompini zombeschi dal vivo – e già siamo su buoni livelli –. 

E’ Heavy Metal eh, mica Frate Cionfoli. 



3 – Umorismo 

Sempre macabro e con un tocco di demenziale in parole, opere e nessuna omissione. 

Scene senza senso – tipo Brodie attaccato dallo zio zombificato e Zakk che prima di aiutarlo finisce di bere la sua bella birra che poi utilizzerà come oggetto contundente che, oh, in Nuova Zelanda l’alcool non costa proprio poco -, battute e freddure spiazzati da quanto sono fuori contesto – tipo che il vero problema, con un’apocalisse zombie in corso, è aver una trappola nel gioco di ruolo da superare - , situazioni degne di nota anche se non sai in che maniera e/o misura – tipo i due protagonisti che combattono i parenti zombificati a colpi di vibratori e membri di gomma che non sarebbero proprio facilmente pensabili in possesso di una coppia di una certa età ultrareligiosa -. 

Fantastico. 

4 – La grafica 

Ti ha sorpreso positivamente con frequenti riferimenti ai fumetti. Si parte già dall’inizio con dei bei frames in bianco e nero tipo “Take on Me” degli A-Ha a metà anni ’80; si continua con l’introduzione dei vari personaggi con foto che degrada in un disegno da supereroi marvelliani; il tutto viene condito da disegni e illustrazioni in puro stile metal a colori sgargianti e immagini improbabili. 

Per una produzione non proprio Hollywoodiana è un bel tocco. 


5 – Demoni ovunque 

Il film non si prende troppo sul serio e questo si era anche capito; tuttavia tenta di introdurre alcuni elementi arcani e demoniaci – tipico dell’Heavy Metal che per i bigotti di qualunque era è sempre stata considerata “la musica del diavolo” -. E allora via ad un minimo di sceneggiatura con buchi come il miglior gruviera svizzero. 

Ci sarebbe questa amena organizzazione comandata all’inizio dal prode Aeon, uno che veste come ad un funerale ed odia che le teste dei sottoposti che falliscono la missione siano staccate sopra il suo bel tappeto fatto a mano e pertanto fa rifare l’esecuzione una seconda volta con un nylon sotto. Già questo dovrebbe bastare per far capire il tipo. Ad ogni modo essa sa dell’Inno Nero – uno spartito musicale antico che permette di evocare, con tanto di spiegazione in latino sopra, Aeloth, il Re dei Demoni - e scopre persino dove cercarlo, essendo in possesso dell’ex metallaro Rikk Daggers ora ritiratosi di nascosto – talmente tanto che la sua attuale ubicazione viene riportata sulla rivista dei metallari – a Greypoint. 

Inno nero suonato, il processo per l’arrivo di Aeloth non è però concluso: egli possiede una serie di persone – e nessuno spiega come mai alcune si ed altre no – ma deve aspettare, al fine di prendere posto nell’anima più “scura” di tutte, le ore 3.00 della notte di luna rossa piena. Alla fine compare pure nella forma di una sorta di minotauro bello incazzoso ma, forza erculea a parte, non fa nemmeno tempo a mostrare i suoi poteri perché Brodie, suonando heavy metal a caso e non l’Inno al contrario come fin lì paventato, fa riprevalere nel corpo dell’amico Zakk la sua anima. Bella roba, inarrestabile proprio sto demone. Zakk però non è in grado di trattenerlo e quindi l’unica soluzione è essere ucciso al fine di far meno il contenitore di Aeloth. 

E vissero tutti felici e contenti, compreso Zakk che nel finale del film contatta pure l’amico dal paradiso dell’heavy Metal in cui è finito dicendo che se la passa bene e ha pure conosciuto lì delle celebrità come Ronnie James Dio -ok - Kurt Cobain – ok -, Dimebag Darrell -ok -, John Bonham -ok - il gruppo Mayhem – ok – e Paul McCartney – che non dovrebbe essere morto in realtà ancora a meno che non sia stia per la famigerata teoria del PID, ossia Paul is Dead, e che ad ogni modo non ricordi nella tua dimensione abbia mai avuto a che fare col Metal e manco col rock duro. 


Piaciuto? Sì? No? Non cambia nulla perché tanto per i metallari quanto per i fan degli Aqua comunque è in lavorazione il sequel dal titolo Deathgasm Part 2: Goremageddon. Per intanto, tra una borchia e l’altra, qui il film: magari evitare di suonare qualche pezzo sconosciuto mentre lo si guarda.

Deathgasm: quando il metal arriva in Nuova Zelanda Deathgasm: quando il metal arriva in Nuova Zelanda Reviewed by radish7 on 07:00 Rating: 5

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