La casa delle Bambole – Ghostland: un horror diverso e diversificato




Per te qualche film horror lo hai anche guardato – vedere qui per i miscredenti  - è anche piuttosto difficile trovare qualcosa che ti possa ancora sorprendere. Poi però ti capita di ricordarti che hai un abbonamento a Sky da ormai due decenni buoni e che utilizzi poco quel servizio; scartabelli la lista dei film horror e ne trovi uno che ti sembra vagamente interessante così lo mandi in download. Peccato che la tua connessione Internet funziona con la stessa velocità di una tartaruga azzoppata: nel frattempo vedi che, senza nemmeno saperlo, nella lista dei film già scaricati esiste “Ghostland - La Casa delle Bambole” e, visto che proprio hai voglia di vedere qualcosa, pigi play. 

Ecco, ora 5 ragioni 5 per cui sei rimasto attaccato allo schermo per 1 ora e 31 minuti davanti alla pellicola di tal Pascal Laugier. 


1- La Trama 

Semplice ma di effetto. Una famigliola formata da madre e due sorelle - Beth e Vera – si reca in una zona di campagna presso la ereditata casa della zia Clarissa, parente con ossessione per le bambole che riempion l'allegra abitazione. Che qualcosa in quei luoghi non fosse del tutto a posto lo possono già desumere dai giornali locali che Beth vede nella stazione di servizio in cui si fermano brevemente: titolano dell’uccisione di una famiglia. Sarà infatti ben presto - perchè dopo 15 minuti di veloce preambolo qui si parte in quarta - un incubo e dei peggiori. 

Non spoileri di più, il film va visto. 

2 – La recitazione 

Non conoscevi nessuno dei protagonisti del film ed in particolare le attrici che interpretano le due sorelle ma questa è la seconda ragione per cui la pellicola va vista. Le giovani Emilia Jones – Doctor Who e una comparsata nei Pirati dei Caraibi - e Taylor Hickson – Deadpoll e qualche altra semisconosciuta serie americana - sulle cui spalle poggia la maggior parte del plot fanno un lavoro coi controfiocchi, riuscendo davvero bene a convogliare tutto il terrore, il macabro, la disperazione che derivano dai fatti. Tra un grido di qua, una contusione di là e uno spavento di là ancora, le due giovani reggono proprio bene delle parti non proprio facili da sostenere. 

E se le due spiccano, anche il resto del cast – a cominciare dalla madre e ancor più dai cattivoni – ci mette del suo. 



3 – Il plot twist 

Ossia il capovolgimento nella trama, detto all’italiana. Per funzionare non richiede molto: basta sia sconvolgente il giusto, imprevedibile il giusto e costringa per tali motivi ad una rilettura di quanto fino ad allora visto. Bene; qui tutte le caratteristiche menzionate sono citate. 

E’ imprevedibile in quanto sono davvero pochi e bene nascosti gli indizi che potrebbero portare alla sua definizione prima che venga reso palese – ad esempio Beth che vede la sorella essere maltrattata e spostata di peso ma non vede il rapitore che appare invisibile ma comunque “quasi” tangibile -; è sconvolgente perché provoca un contrasto totale con quanto visto fino a quel momento facendo sprofondare lo spettatore dalla agiatezza e tranquillità alla più totale disperazione in un attimo; costringe ad una rilettura perché porta a riconsiderare alcuni fatti sotto una luce completamente diversa dando addirittura significato a quelli che potevano sembrare degli autentici plotholes – buchi di trama, per i non angloparlanti -. 

4- L’Horror 

La pellicola fa uso dei classici ed abusati metodi di creare horror ossia jumpscare - tipo la bambola che appare all’improvviso da dietro la scatola cinese – e qualche scena gore – taglio di gola con coltello, Beth che strappa a morsi la carne dalle braccia di uno dei cattivi - ma vi aggiunge una serie di componenti che ne fanno decisamente una produzione raffinata e raccomandabile sotto questo punto di vista. Del resto il fatto che non hai mai staccato gli occhi per l’ora e 31 minuti della sua durata dallo schermo la dice piuttosto lunga. 

L’eleganza della componente horror si manifesta così prevalentemente nella sapiente costruzione della tensione lungo tutta la pellicola che sfocia poi nell’inaspettato e spiazzante contrasto tra il mondo paradisiaco della mente di Beth e la realtà; nella scena di fuga nel – ritenuto - finale in ambiente oscuro, macabro e claustrofobico che sembrerebbe finalmente liberatoria ma non lo sarà; nella stessa ambientazione grottesca e decadente – vecchia casa quasi in rovina cosparsa di bambole dalla presenza inquietante- ; negli stessi villain che, oltre ad apparire degli spostati mentali con una caratterizzazione magari non originalissima ma di sicuro impatto – un clone di Marylin Manson che si veste e si trucca da donna ed un gigante tipo Schrek con evidenti mancanze mentali e un’ossessione ignota ed inspiegabile per le bambole con cui vuole giocare – sprizzano pericolosità irrefrenabile da tutti i pori acuita dal non parlare e dal muoversi lentamente ma ineluttabilmente; infine nel comparto sonoro che così di frequente utilizza musiche spiazzanti da cabaret francese o musica classica in accordo con la stranezza indicibile dei malvagi. 



Il film si presenta costantemente disturbante, per dirlo con una frase – anche in semplici scene come quella di Vera che ha le prime mestruazioni o quella dell’assalitore Shrek che annusa le parti basse delle vittime mentre le tiene sospese a mezz’aria per una gamba -; a voler aggiungere qualche parola in più si può dire che crea una sorta di montagne russe di tensione facendo contrastare momenti di – solo apparente, come si avrà modo di scoprire – tranquillità, pace e speranza con altri di estrema brutale disperazione mixando componente sensoriale e psicologica in maniera sempre eccitante – non esattamente nel senso positivo del termine – e “sfinendo” – stavolta nel senso positivo – lo spettatore emozionalmente. 

Touchè, così si fa un horror. 

5- Il finale – quale è la realtà “reale”? 

Il finale è perfetto per una pellicola che si muove costantemente sul sottile filo della realtà e dell’illusione, non permettendo mai allo spettatore di comprendere quale sia l’una e quale sia l’altra ma sbalzandolo costantemente tra le due. 

Questo quanto appare: le due sorelle riescono a fuggire dalla casa sulle note di una piacevole e al contempo “strana” composizione di pianoforte; incontrano dei poliziotti ed a quel punto tutto fa credere che l’incubo sia finito. Invece no: nuovamente la speranza viene disattesa, arriva uno dei cattivoni che spara ai due agenti e riporta le ragazze nella casa e tutto sembra tornare come prima dando chiara l’impressione che non ci siano né via d’uscita e nemmeno speranze. 

5 minuti dopo, invece, irrompe un altro poliziotto nella casa, fa piazza pulita dei rapitori e a quel punto ci si aspetta che finalmente tutto sia concluso mentre le due ragazze vengono portate in ambulanze separate. Beth dice qualcosa – che è impossibile sentire – alla sorella; il paramedico ne nota il tono muscolare e le domanda se pratichi sport ma lei risponde con la frase “No, a me piace scrivere storie”: partono i titoli di coda. 

Sembra semplice: le due sorelle sono state salvate dall’incubo e – forse – Beth sta già pensando di scrivere una storia dell’accaduto e del resto il fatto che veda, mentre è nel lettino, la sua vecchia macchina da scrivere in cortile tra gli indizi, potrebbe condurre a questa ipotesi. Un incubo in cui era tornata dopo che la sua mente aveva creato un “mondo sicuro” in cui fuggire fatto di un marito immaginato da una foto vista nella cantina in cui era rinchiusa, di un figlio col costume di arlecchino sempre da un foto e di una carriera di successo come scrittrice secondo i suoi desideri. 



Ed invece qui si aprono varie possibili interpretazioni. 

Innanzitutto rimane il punto di domanda sulla sorella Vera che non risponde alle sue parole non confortate dall’audio ma si limita a fissarla immobile e con sguardo alquanto assente: potrebbe essere morta e quindi Beth essere l’unica sopravvissuta. 

L’interpretazione meno semplice è che di nuovo Beth si sia rinchiusa nel suo mondo e che in realtà nessuno sia venuto a salvarle. Il fatto che non si senta la sua voce quando parla verso la sorella Vera potrebbe indicare che stavolta Beth è da lei completamente e definitivamente separata, che non tornerà più nella dimensione reale in quanto la sua mente è ormai definitivamente distrutta. Sogna un lieto – più o meno – fine, insomma. 

Ma c’è ancora un particolare che si impone all’attenzione. La misteriosa frase di Beth potrebbe voler significare che effettivamente quella è la storia di un suo libro già scritto e tutto quanto è stato percepito come l’effettiva realtà è pura fiction da lei scritta. La realtà “vera” sarebbe quindi quella di lei scrittrice di successo anche se a quel punto qualcuno dovrebbe spiegare come abbia fatto in tale dimensione ad aver un colloquio con H.P. Lovecraft ad una festa visto che l’ameno scrittore dovrebbe essere morto decenni prima. 

Se tutto il film spiazza e sconvolge, lo fa anche il finale che ne rappresenta dunque una perfetta chiosa. 


In definitiva un vero film horror che devi per forza raccomandare. La casa delle bambole si trova qui: evitare i camion dei dolci. 

La casa delle Bambole – Ghostland: un horror diverso e diversificato La casa delle Bambole – Ghostland: un horror diverso e diversificato Reviewed by radish7 on 07:00 Rating: 5

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