The Strangers - Prey at Night: le maschere sono tornate



Per te che hai già provato a recensire The Strangers del 2009 dovrebbe essere facile e soprattutto piacevole dare uno sguardo a The Strangers – Prey at Night, film del 2018 diretto da tal Johannes Roberts della durata di 1 ora e 25 minuti che sarebbe poi il seguito del film del 2008

Forse sì, forse no; comunque ecco 5 buoni o cattivi, leggiadri o pesanti, profumati o maleodoranti motivi per guardare o non guardare The Strangers – Prey at Night. 



1- Una preparazione coscienziosa 

Sì, perché il film è stato annunciato nel 2009 e, se la matematica euclidea gli si applica come tutte le cose di questo nostro mondo, ci ha messo 9 anni – dicesi 9 – ad uscire; in più, come dice la frase di apertura, sarebbe pure basato su eventi realmente accaduti, quindi dovrebbe essere anche facile mettere su qualcosa di accattivante. A questo punto ti aspetteresti, se non un capolavoro del genere, qualcosa di molto ma molto ben fatto. Leggere i punti successivi. 

2 – L’horror 

Copiato e pieno di clichè quando va bene, scontato quanto va male. 

Le componenti sono sempre le stesse già viste e riviste: giochi di luci ed oscurità, ambiente abbastanza – ma molto meno del primo film – claustrofobico, assassini mascherati, splatter e momenti, screamer a profusione; il tutto condito da urla e gemiti in quantità industriale e francamente un po’ eccessivi. 

L’unica cosa che davvero convince sono i killer grazie alle loro maschere inespressive – che non consentono di leggere alcuna emozione e li rendono indecifrabili -, al loro essere silenti – che, oltre a valorizzare di nuovo il punto precedente, crea contrasto con le grida di terrore delle vittime –, alla loro spasmodica lentezza nell’incedere – che crea una sorta di senso di ineluttabilità, come a dire che non c’è via di fuga anche se si è Usain Bolt – fatta di pose statuarie immobili e di movimenti talmente compassati da sembrare robotici – e quindi quasi “irreali”, accentuando una sorta di sensazione di star vivendo un vero e proprio incubo tuttavia reale –. Pure i loro poteri quasi “sovrannaturali” – perché, dai, riuscire a parlare ancora dopo aver ricevuto un colpo di fucile a pompa in pieno stomaco da 2 cm di distanza oppure venire bruciati in un auto e poi scendere tranquillamente e persino inseguire la vittima brandendo la propria ascia non è proprio da tutti -, per quanto irragionevoli, ci stanno bene.

 

Si può salvare anche l’idea di usare qualche inquadratura in prima persona dalla visuale della vittima specialmente quando deriva da luoghi stretti – ad esempio un blocco di cemento usato per costruzioni edili - che non consentono una visione completa dell’area e quindi affidare la comprensione di dove sia il killer agli aspetti sonori: fa molto videogame ma funziona abbastanza. 



Di sicuro non convincono quelli che sono i principali mezzi attraverso cui si costruisce un buon film horror: l’ambientazione – troppo ampia e con troppe possibili vie di fuga; che poi i protagonisti non le sappiano usare è un altro paio di maniche -, gli screamer – troppo prevedibili e pure realizzati in maniera poco accurata -, le scene splatter – ok il sangue, ma da solo non basta a fare di un film un buon horror -. 

E c’è pure di peggio, vedere il punto successivo. 

3 – Le reazioni umane 

Fondamentale per creare la giusta atmosfera horror ed immedesimare lo spettatore è che le reazioni dei protagonisti siano verosimili, ossia che siano quelle che lo stesso spettatore grossomodo coscienziosamente attuerebbe di fronte ad una data circostanza; di più, trattandosi di lottare per la propria vita, devono essere intelligenti sia pure istintive. Ecco, fai alcuni esempi e lasci il giudizio al lettore. 

- I figli tornano annunciando che hanno trovato in altro caravan gli zii fatti a pezzi. Per carità, può essere successo giorni prima, ma magari, anziché separarsi, sarebbe meglio che tutta la famiglia e non solo padre e figlio vadano a controllare, si sa mai che qualche malintenzionato sia ancora nei paraggi; 

- e infatti madre e figlia si ritrovano in una stanza con Doll Face munita di martello che sta sfondando la porta. Trovano una scala che porta ad un’uscita verso l’alto; prima procede la figlia. Entra Doll Face, da pure il tempo di bere un caffè – perché i killer di questa pellicola prima guardano per qualche eterno secondo e solo poi agiscono – e alfine accoltella la madre che si trova ai piedi della scala. Nulla di male eh; senonchè quest’ultima non prova alcuna reazione: non tenta, cosa che chiunque farebbe, di tenere lontana Doll Face con dei calci, delle sbracciate o qualche oggetto fortunosamente rinvenuto nelle vicinanze. No, si lascia proprio pugnalare come se lo desse per scontato; 

- senza dettagliare ogni singolo esempio, in parecchie scene si assiste a dei 2 vs 1 in cui in maggioranza sono le vittime; nessun tentativo di far valere il numero e di difendersi, quando va bene si scappa e quando male qualcuno ci rimette le penne; 



- aggiungiamoci pure che in almeno 3 casi sono disponibili o sono possedute delle armi. Non si spara ai killer, ci deve essere una legge che li considera categoria protetta; no, si scappa e si lasciano anche lì pistola e fucile, si sa mai che ai proprio carnefici possano servire; 

- quando appare il poliziotto che potrebbe salvare la vita ai sopravvissuti – i figli -, non avvisiamolo, nonostante sia nel nostro raggio visivo a meno di essere ciechi completi, che una personcina non raccomandabile sta arrivando alle sue spalle con un coltello, lasciamolo piuttosto uccidere. 

Il tutto infarcito da urla e sospiri di indicibile volume che appaiono del tutto eccessivi anche se, visto la pochezza dell’intelletto, forse a questo punto sono pure giustificati. 

4 – Le musiche 

Ecco, qui andiamo piuttosto bene. L’autore decide di intervallare delle musiche inquietanti e ben composte con delle canzoncine pop anni ’80 – tipo Total Eclipse of the Heart di Bonnie Tayler – che spiazzano nella maniera giusta lo spettatore; la loro leggerezza contrasta bene con le vicende su schermo creando un’atmosfera irreale e incomprensibile totalmente inaspettata ed inaspettabile. 

5- La Struttura 

Se la “lentezza paurosa” dei killer era una buona cosa, lo stesso termine si può applicare, non necessariamente con la stessa connotazione positiva, alla struttura della pellicola. Perché, in un film che dura un’ora e 25 minuti, 30 minuti per l’antefatto – ossia che la piacevole famigliola si reca dagli zii per depositare la problematica figlia – e poi 6 minuti di titoli di coda sono leggermente troppi. 



Concludi rivolgendo all’autore un dialogo del suo stesso film: 
- perché ci fai questo?
- perché no? 
E hai detto tutto. Per chi sia colpito dall’insopprimibile voglia di entrare in una caravan in uan sperduta regione americana, la porta è qui

The Strangers - Prey at Night: le maschere sono tornate The Strangers - Prey at Night: le maschere sono tornate Reviewed by radish7 on 07:00 Rating: 5

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