Uno degli anime che hai seguito nella stagione autunnale è Kagewani, serie di 12 corti - 8 minuti circa cadauno - che preannunciava una tematica horror senza però offrire particolari altre indicazioni, tranne una locandina misteriosa il giusto. Si era da poco conclusa la seconda stagione di Kiseiju, horror sovrannaturale pregno di mistero che ti aveva ben impressionato ed eri alla ricerca di una sorta di successore.
Beh, hai sbagliato ma l'hai fatto per fortuna nella maniera giusta. Dopo una prima puntata parecchio intensa e marchiata dal classico "vedo-non vedo" proprio delle sciagure che si abbattono sui protagonisti delle serie horror, la tua curiosità era cresciuta e, in fin dei conti, si trattava di una visione molto veloce che non ti rubava molto del - prezioso - tempo a disposizione.
Di seguito le ragioni per cui addentrarsi nei luoghi meno conosciuti del Giappone in compagnia di un professore universitario con una strana cicatrice in testa è stata una esperienza piuttosto intrigante.
La prima puntata, hai detto: subito ti sei fatto colpire da quella grafica acquarellosa, con contorni ben poco definiti e colori morti che ti aveva ricordato la stessa atmosfera che si può trovare nelle opere ispirate a Lovecraft dove tutto è incerto, niente è pienamente intelligibile tranne un acuto senso di qualcosa di ineluttabilmente pericoloso che sta per abbattersi sui malcapitati. E poi quella creatura che saltava fuori praticamente dal nulla davanti a dei ragazzi che erano li' solo per girare un bel video da mettere su Youtube e fare facili visualizzazioni; veniva cosi' introdotto il mistero, altra componente fondamentale per i tuoi gusti in tema di horror. Anche la colonna sonora - grazioso dono della M.S.S. Project - intitolata "Arrival of Fear" - "L'arrivo della paura" - appariva quantomai pertinente.
Da quel momento in poi ti saresti tuffato in questo Giappone oscuro, costellato di piccole comunità e frammenti di vita reale in cui però qualcosa si manifestava per rompere la monotonia della vita quotidiana e non nella maniera più felice. Avresti cosi' seguito Banba, il protagonista, nella sua ricerca e nella sua scoperta: il tutto in sapienti pillole - in inglese, in quanto VVVID, licenziataria dell'anime in Italia, avrebbe ritardato di qualche settimana la trasmissione - di 8 secchi minuti diritti al punto, senza fronzoli o abbellimenti inutili.
Avresti innanzitutto apprezzato le location delle varie puntate. Piccoli estratti di un Giappone molto diverso da quello classico delle scuole delle grandi città o dei mondi fantasy con usanze e concetti pseudo Japponici cosi' frequenti nelle produzioni degli ultimi anni. La piccola scuola di periferia dove due ragazzini giocano controllati da una maestra; il povero villaggio di pescatori dove il padre cerca di pescare per poter pagare le medicine per la figlioletta ammalata; il laghetto nella foresta di cui hai già detto; la serra in cui alcuni bulli costringono il deboluccio di turno ad entrare; il supermercato dove il capo non fa nulla e il dipendente si smazza di lavoro; persino semplicemente un tunnel nell'autostrada sarebbero finiti per divenire luoghi minacciosi pregni di oscurità e mistero ma con un estratto della tipicità delle situazioni sociali con gli occhi a mandorla. Niente eroi e scene luminose: solo un cupo ambiente in cui il pauroso ignoto è sempre in agguato.
Ti saresti chiesto da dove saltavano fuori quelle creature: non tanto dalla mente degli autori, quanto da particolari leggende Japponiche e non. Si', questa serie finisce anche per collegarsi al folklore della Terra del Sol Levante sia pure liberamente reinterpretato.
Avresti cosi' scoperto che la scienza - nella persona dello studioso Kimura - stava cercando di ricreare un mostro leggendario nato dall'aspirazione di una tribù di porre fine alla secolare guerra contro un'altra. Nelle ultime 3 puntate, dopo tanta introduzione di mostruosità, si tirano le file dell'anime: molti animali erano stati messi in un posto angusto al fine che solo il più forte emergesse vittorioso; l'esperimento fu condotto più volte finchè il risultato fu il Kagewani - traducibile come "coccodrillo ombra" - tremendo flagello che uccide le persone anche semplicemente divorandone l'ombra. E questo accadde: la guerra fini' ma solo perchè tutti i membri delle due tribù furono uccisi: tuttavia sembra che almeno una donna si salvò e aiutò Banba da piccolo oltre ad un povero villaggio di pescatori nella sua costante caccia. Il mostro fini' poi per disperdersi ma alcune sue rimanenze restarono in alcuni animali: da qui la ricerca di Kimura al fine di ricostruire il Kagewani originale. Missione riuscita, il che decreterà la sua morte e la fusione di questa creatura con lo stesso Banba che da piccino con la stessa era entrato in contatto e ne aveva ereditato una cicatrice sulla parte destra del volto in cui scorreva il fluido del mostro. La fine appare agrodolce: Banba incamera in sè il Kagewani e - ironia della sorte - viene minacciato dalla stessa donna - con qualche anno in più sulle spalle - che l'aveva salvato in precedenza. Tuttavia egli è in grado per il momento di controllare la creatura e mantenere compostezza umana e sanità mentale: finchè questo sarà, non dovrà essere ucciso.
Peccato davvero il tutto sia stato condensato in 12 puntate - brevi ma molto intense- ti verrebbe da dire: non appare alcuna intenzione di una seconda serie in Internet sia pure il finale chiarisca i misteri ma sembri aprire una prospettiva riguardo la situazione di Banba. Che le sue avventure con mostro incluso siano la prossima dimensione terrifica?
In Sight: Kagewani, quando la scienza tenta di avvalersi della natura
Reviewed by radish7
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