Per te che hai visto qualche puntatina delle Wacky Races o persino la gara di corsa di Star Trek Capitolo I il mondo dei motori non poteva riservare alcun tipo di nuova sorpresa. O almeno…così credevi.
Perché poi ti capita di vedere Death Race 2050, splendida pellicola della durata di esattamente 1 ora e mezza ideata, prodotta e motorizzata nel 2017 dal conosciutissimo e rinomatissimo G.J. Echternkamp – mai sentito, giuri - e dall’esimio Roger Corman – altrettanto sconosciuto ai tuoi radar ma con più di qualche presenza come produttore di film di W.S. Anderson, per dirne uno -. Si tratta persino di un sequel di Anno 2000 - La corsa della morte (Death Race 2000) diretto nel 1975 da Paul Bartel – questo sì che non lo conosci -; una volta visto, il tuo universo di pistoni e turbo non sarà mai più lo stesso.
Ma le regole no che non le cambi: 5 motivi 5 per vedere – con la mascherina, eh – Death Race 2050.
1 - Il contesto
Che questo film non sia propriamente inneggiante alla America di Washington lo si capisce piuttosto prestino: nel 2050 ormai lo stato a stelle e strisce è diventato più un ‘entità economica – la America Corporation – che politica con presidente uno il cui capello farebbe impallidire qualsiasi Trump qualunque. La società si è giusto un attimino raggrinzita con una percentuale del 99,9% della popolazione che non ha bisogno alcuno di lavorare chè tanto ci pensano le macchine; ovvio a quel punto che, dopo tutta la fatica, un po’ di svago ci vuole. Così se siamo l’America Corporation facciamo che una volta all'anno una bella gara in cui i punti si determinano anche in base al numero di uccisioni di persone a caso che si trovano sfortunatamente nei paraggi quel giorno: poco importa che in realtà detto punteggio conti nulla perché vince comunque chi arriva per primo al traguardo situato giusto dall'altra parte dello stato. E dotiamo gli spettatori della più avanzata tecnologia di immersione che esiste dando loro la possibilità di vedere tutto quello che succede grazie ad un visore sulla testa dei copiloti.
E si girano così i posti più caratteristici che vengono sapientemente rinominati con tanto di titolo in sovraimpressione; non proprio l’Eden in terra con atmosfera di decadenza a far da contro altare alla tecnologia spinta. Come? Ricorda Blade Runner? Eh be, oh, mica si era detto che doveva essere originale eh.
2- I protagonisti
Che Dio li abbia in gloria. Stereotipi nel peggior senso del termine come poche altre volte ma tremendamente divertenti. Perché oh, se ti trovi una rapper che magnetizza tutti con una parola – Drive – ma in realtà è figlia del docente di storia presso una università che non hai mai sentito, un burbero con metà del corpo meccanico tanto da chiamarsi Frankenstain – che è poi il tuo eroe del film - , una scienziata che non disegna qualche atto auto-sessuale con la sua fedele Supercar, beh stai messo proprio bene.
E mica hai finito, eh: lo spettacolo si accentua con la presenza di Perfecto, umano prodotto dalla scienza genetica che Mr. Perfect della WWE levati con la tendenza a fare figure come nemmeno il miglior Vegeta di Dragon Ball. Epico.
E non parli delle auto in corsa, meglio di no.
3- Humor
Tanto e macabro. Esiste pure un tentativo di inserire qualche riflessione piuttosto seria a dire la verità ma proprio non la si nota. Dissacrante a tratti, banalotto in altri: ma alla fine si ride a quasi ogni scena e quindi il suo lo fa. Almeno pensi.
4- Splatter
Sì, qualche scena che dovrebbe essere vagamente splatter esiste pure: però è volutamente – almeno credi – realizzata in maniera così retrò e tecnicamente scadente che di brividi proprio non ne esistono. Esistono invece decapitazioni, squartamenti, sbudellamenti: si, dalle risate.
5 – L’altro re-make
Attenzione: quando un film ha successo – a ragione o a torto – non è che puoi dimenticartene per troppo tempo. E se ha successo, figurati se W. S. Anderson – uno che ha pure preso in mano, tra le altre cose, questa cosa qui trasponendola per il grande schermo – non ci mette la mani. Solo che lui, a differenza di Corman, un nome ed i soldi ce li ha ed ecco che il suo cast conta nomi come Jason Statham, Tyrese Gibson, Natalie Martinez, Joan Allen e Ian McShane, giusto per mettersi in pari con quello del 1975 che annoverava un tipino poi meglio conosciuto come Sylvester Stallone in era antecedente al pugile di Philadelphia. Non ne hai visto nessuno dei due: lo farai? Dipende se qualcuno non ti prende sotto con qualche schiacciasassi tipo Rufus RoughCut.
Death Race 2050: quando le Wacky Races sono storia passata
Reviewed by radish7
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