Broadchurch: una piccola cittadina, dei grandi segreti




Mamma mia da quanto non vedevi una cosa così. Questo il pensiero allorchè hai terminato al visione di Broadchurch, una serie televisiva britannica, ideata da Chris Chibnall e snocciolata, al momento in cui scrivi, in 3 stagioni ormai. Per il momento hai visto solo la prima stagione, composta di 8 episodi della durata ciascuno di circa 50 minuti. 

Te la giochi subito di fino introducendo due nomi non proprio malissimo come David Tennant – uno che in curriculum avrebbe anche Harry Potter e Doctor Who, per dirne due - e Olivia Colman – un po’ meno partecipazioni prestigiose ma meritevole vista la sua interpretazione - nel cast: e questa è comunque la cosa meno sorprendente. 

Pronti? Stavolta niente 5 punti 5, vai a ruota libera chè hai un colpevole da scoprire e zero indizi da cui partire. 


Innanzitutto piacciono e non poco il contesto e l’ambientazione. Una piccola cittadina inglese dal nome omonimo in cui tutto sembra essere assolutamente idilliaco: il rapporto tra gli abitanti che si conoscono tutti e tutti sembrano andare d’amore e d’accordo sembra tanto bello quanto lo è l’ambiente marino con una scogliera a dir poco mozzafiato. Si respira aria di semplice armonia tra idraulici, giornalai, poliziotti, un pastore, marinai, locandiere, insegnanti, scolari; tutto è pervaso da una quiete che definiresti fiabesca. 



Salvo che qualcosa deve accadere – anche perché altrimenti vi sarebbe gran poco interesse -: ed ecco che improvvisamente viene ritrovato il corpo di un bambino, Danny Latimer, figlio dell’idraulico del paese. Ad indagare sul caso vi saranno Ellie Miller, capo della polizia locale, ed il detective Alec Hardy, da poco arrivato a Broadchurch. Le indagini porteranno a galla numerosi altarini, delineando così la cittadina non proprio come il luogo ideale. E qui partono decisamente i punti forti della produzione. 

Perché la storia non si sviluppa come un thriller con inseguimenti e sparatorie mozzafiato; no, se mozza il fiato, lo fa analizzando attraverso le vicende dei vari personaggi la natura umana nelle sue più diverse sfaccettature. La parte del leone non la fa tanto la vicenda investigativa - che poteva essere benissimo narrata come fredda cronaca - ma tutto il contorno emozionale ed emozionato dei protagonisti nella loro duplice veste di singoli con i loro pensieri e ragionamenti individuali e al contempo di parte convinta ed integrante della piccola comunità cui appartengono e con cui si confrontano ogni giorno. Tutti si devono incastrare con tutti e chiunque cerchi di affermarsi sopra le righe viene riportato ben presto nei ranghi dal turbine di vicende emozionali che pervade questo piccolo centro inglese. Ecco che la storia riguarda così la tragedia della morte di un bambino, il tribunale dell’opinione pubblica, la natura sinistramente irresponsabile del giornalismo odierno e più in generale i fallimenti, le fragilità e le mancanze degli esseri umani; la serie prende una deriva di tipo Shakspeariano. 

Ed allora il focus si sposta sui personaggi e sugli attori che interpretano tutti – ma proprio tutti – la loro parte in maniera convincente anche se – molto raramente – le reazioni appaiono un tantino esagerate e decisamente troppo teatrali. Lungi dall’essere il semplice racconto di una vicenda investigativa, la trama viene strutturata piuttosto in maniera che le indagini siano elemento idoneo a rompere la quiete ed il solo apparente idillio della piccola città, rivelando puntata dopo puntata e personaggio dopo personaggio, scheletri nell’armadio. Così la trama orizzontale diventa pretesto per introdurre una serie di trame verticali incentrate sui singoli e diventa davvero difficile non sentirsi parte di Broadchurch dove tutti conoscono tutti ma non certo tutto di tutti pur credendolo. I personaggi sono tutti molto interessanti: dai due poliziotti, al casalingo ex paramedico, alla famigliola apparentemente felice con padre idraulico, al giornalaio che ci rimette la vita per il suo passato non capito e mai perdonato, al prete che sembra aver ben più di un abito, alla locandiera avvenente che si sollazza coi maschi del luogo inclusi quelli sbagliati, al giovane che viene formato come idraulico e deve realizzare di essere figlio di una donna che vive in una roulotte con un cane. Tutte piccole tragedie, ciascuna alla sua maniera. 



L’espediente piuttosto semplice ed il vero motore trainante dell’intera costruzione sta nel presentare un detective deputato alla soluzione del caso – Alec – piuttosto “confuso” sia nella ricerca e collezione degli indizi che nel loro collegamento; di conseguenza rimbalza tra i diversi abitanti identificandone i possibili punti deboli che vengono poi esposti all’intera comunità. 

Contribuisce poi alla creazione del pathos la stessa introduzione dei luoghi di cui hai già accennato: non solo e non tanto viene utilizzato il pratico espediente, di Twin Peaksiana memoria, di staccare da una vicenda ad un’altra con dei maestosi panorami suggestivi dando al contempo maniera allo spettatore di riflettere brevemente su quanto appena visto per adattarsi ad una trama che procede con un ritmo buono ma mai asfissiante; si crea piuttosto proprio un contrasto tra l’apparente tranquillità intonsa dei paesaggi la cui atmosfera consente un’immersione quasi totale e la nervosità scattosa delle singole tragedie personali che vengono volontariamente identificate come poca cosa se comparate con la vastità del mondo. 

E se questo ti piace, vuoi anche fare un ulteriore considerazione. L’autore ha saputo dare una dimensione umana ai suoi personaggi incluso il protagonista Alec che viene chiamato dall’esterno a risolvere la situazione: lungi dall'essere un supereroe o un deus ex machina, presenta invece le stesse debolezze, le stesse incertezze, la stessa imperfezione degli abitanti. Rendendolo così incerto, l’autore ha anche saputo conservare il mistero fino alla fine per poi portare una rivelazione inaspettata ai più. Se un difetto si vuole trovare, esso sta nell’’integrità del colpevole che porta alfine a dubitare molto di lui anche perché al contempo lo stesso Alec non lo fa per primo non trovando alcun tipo di appiglio; è un po’ un clichè per cui il meno sospettabile è alla fine il colpevole anche se l’autore è altrettanto bravo a trattarlo come un personaggio minore, che, proprio in quanto mai sospettato, quasi mai appare alla ribalta della scena. Detto in altre parole, il colpevole non fa mai sfoggio esagerato e compiaciuto della sua rettitudine apparentemente inattaccabile perché partecipa a troppe poche scene e mantiene per scelta dell’autore un profilo basso che lo rende, almeno fino a buoni tre quarti della serie, difficilmente individuabile. 



Infine, dal punto di vista tecnico e per quel poco che te ne intendi, la fotografia è davvero ben studiata con inquadrature che mostrano la capacità del regista di riprodurre in via visiva le sensazioni che i personaggi provano durante le loro vicende e le scelte di luci ed ombre contribuiscono in maniera determinante a creare il solido impatto emozionale di cui la serie è capace. 

Alla luce di quanto scritto non ti sorprende davvero che questo piccolo gioiellino abbia avuto un remake negli USA intitolato Gracepoint – che forse vedrai – né che, al termine della prima stagione abbia avuto 8.7 milioni si spettatori in totale; in più qui si trova la cospicua lista di premi vinti.


In definitiva una buonissima serie la cui visione è senz’altro consigliata; la direzione per Broadchurch è questa. Unica cosa: attenti ai pelati.


Broadchurch: una piccola cittadina, dei grandi segreti Broadchurch: una piccola cittadina, dei grandi segreti Reviewed by radish7 on 07:00 Rating: 5

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