Non è passato molto tempo da quando avevi gioiosamente recensito un teen movie horror basato sul gioco americanissimo dell’”obbligo o verità” – o “Truth or Dare” per gli amanti della lingua albio-americana - l ed ecco che scopri che ne esiste un altro con lo stesso titolo; è del 2018 per la firma di Jeff Wadlow e la produzione della nota casa americana di film a basso costo Blumhouse ed è pure il suo remake.
Ragioni per cui ne scrivi? Perché, al di là di quello che riporterai allegramente, è un rifacimento sicuramente meglio riuscito del predecessore, il che non significa che diventi automaticamente memorabile.
E allora via ai 5 motivi 5 per cui guardare, non guardare, obbligarsi o non obbligarsi, dire la verità o non dire la verità.
1- La trama e il suo svolgimento
Ovviamente vista e rivista ma svolta in maniera piuttosto coinvolgente e con qualche colpo di scena affatto male.
In breve: gruppo di liceali che se ne vanno in Messico per l’ultima vacanza di bagordi prima di separarsi per andare al college. Olivia, la protagonista ingenua e tremendamente corretta, conosce in un bar tal Carter che invita lei e tutta la sua cumpa ad una serata diversa in un posto un po’ fuori mano. Si tratta della Missione di Rosarito, allegro edificio ormai dissacrato ed in rovina, dove i ragazzi si dilettano a bersi qualche birra, fare battute scialbe e poi a giocare a Obbligo o Verità – bravi: delle decine di giochi possibili; bastava portarsi un Risiko dietro -. Si torna dal Messico e tutti immersi nelle rispettive vite; tranne per il fatto che il gioco inspiegabilmente non si interrompe e alcuni dei ragazzi muoiono. Alla fine si scopre da cosa dipenda e cosa bisogni fare; si prova pure a trovare una soluzione, peccato che ci vada di mezzo l’intera umanità – e poi si venga a dire che Youtube è innocuo -.
Non vuoi spoilerare la trama ma parecchie cose ti sono piaciute. In primis tutta la vicenda di investigazione sulla ricerca della causa del problema che si dirama tra consultazioni di Internet, ricerca di persone che possano aiutare e incontro con loro e ragionamenti e deduzioni varie dei protagonisti; in secondo luogo, fanno la loro porca figura almeno un paio di colpi di scena tra cui l’identità di chi ha fatto partire tutto il casino. Il finale, inoltre, mostra come il solido convincimento di onestà di Olivia – delineato da una prima risposta al gioco in cui in sostanza si dichiarava pronta a sacrificare i suoi amici per salvare l’umanità -, di fronte ad una situazione drammatica, ceda per lasciare il passo ad uno schietto e francamente spiazzante ragionamento utilitaristico – salvare la propria amica del cuore – ribaltando completamente la scelta.
2 – Horror
Qui la pellicola ti è piaciuta un po’ meno. La componente horror funziona bene riguardo al sonoro – che sfrutta le classiche dinamiche dell’aumento di volume al momento opportuno e brilla parecchio per la scelta appropriata dei rumori di sottofondo ed ambientali – ma molto meno per il visivo, convincendo magari per la scelta delle ambientazioni, per i giochi di luce e le inquadrature ma mancando di netto sugli effetti speciali.
Sì, perché questi ultimi sono ridotti ad uno soltanto: la deformazione dei volti dei protagonisti con ghigni malefici quando posseduti dal demone in stile Black Hole Sun dei Soundgarden oppure Ju-On- Rancore. Un po’ poco anche perché, in definitiva, tali volti appaiono più grotteschi che impaurenti ed inquietanti.
3 – Le origini del male, il gioco ed il demone
Farebbe pure parte della trama ma merita menzione a sé perché il film ci prova a costruire un background solido sia pure molto semplice.
Nell’anno di grazia 1909, nella Missione di Rosarito in Messico, un buon prete si approfitta a turno delle monache. Una di esse, Inez Reyes, per liberare sè e le sue consorelle, finisce per evocare involontariamente il demone Calax che, col bel giochetto dell’Obbligo o Verità, fa una strage. La donna tuttavia scopre come fermarlo e lo fa pure: occorre ripetere 6 volte una frase in spagnolo, quindi tagliarsi la lingua e porla in un vaso che verrà poi sigillato. Un primo gruppo di ragazzi – tra cui Carter – si recano però presso il convento dissacrato e uno di loro, tal Sam, in preda agli effluvi dell’alcol, comincia a spaccare tutto, incluso il vaso in cui era sigillato il demone così liberandolo. Calax a quel punto li ingabbia nel gioco malefico e muoiono tutti a parte due: Sam stesso – che si scoprirà essere poi lo stesso simpaticone Carter – e Giselle – che i protagonisti conosceranno e vedranno suicidarsi, comandata dal demone, dopo aver fallito l’obbligo di uccidere Olivia ma aver amorevolmente ammazzato la povera Penelope al suo posto -. Dopo varie ricerche, inclusa una visitina all’ex monaca Inez, i ragazzi scoprono come fare per sigillare il demone che nel frattempo ha mietuto le prime vittime; convinto con le cattive Carter/Sam a fare quanto fatto dalla monaca in precedenza – lui aveva cominciato e lui era l’unico che poteva, con frase spagnola e sacrificio della sua lingua, risigillare il demone -, il loro piano viene impedito da Calax che, per mano di altro protagonista, riesce ad ammazzare il ragazzo prima che possa compiere il rituale.
Il gioco è molto semplice: si sceglie tra obbligo – che, come dice il termine, costringe a fare quanto richiesto – o verità – che obbliga a dire il vero -; se si mente si muore; se si rifiuta di fare quanto richiesto o non ci si riesce si muore. Parrebbe nulla di che senonchè Calax è un demone e, forte della sua natura, utilizza il gioco per cercare di porre tutti contro tutti facendo rivelare delle verità scomode oppure richiedendo obblighi pazzi; a questo va aggiunto che il gruppo di Sam/Carter, giusto per fare i burloni, aveva deciso che si potessero scegliere solo 2 verità consecutive al massimo e poi sarebbe toccato obbligo: il che complica notevolmente la strategia dei protagonisti che credevano di poterne uscire continuando a scegliere verità.
4 – Curiosità…
Sotto questo aspetto il film vince. Ti trovi infatti sempre a domandarti chi sia il prossimo a giocare, cosa scelga, quale sia l’eventuale prova a cui verrà sottoposto se scelga o sia costretto a scegliere obbligo, se e come riesca a superare il suo turno o come ci lasci le penne.
Anche le morti sono abbastanza fantasiose sia pure un po’ “cheap”: si cade da sopra un biliardo e ci si spezza l’osso del collo sbattendo la testa contro un altro biliardo; ci si spara in testa con una pistola; ci si infila una penna nell’occhio; ci si taglia la gola con un coltello. Nulla fa sobbalzare dalla sedia, sia chiaro, e sicuramente non si raggiungono le vette di imprevedibilità di Final Destination – cui il film appare comunque ispirato sia nel concetto dell’imprevedibilità degli incidenti che in quello della loro ineluttabilità – ma la curiosità, sia pure magari poi un po’delusa, comunque c’è.
5 - …ma un pizzico di lentezza
Il film dura ben 1 ora e 40 minuti e, al di là dei buoni aspetti del punto precedente, questa eccessiva lunghezza rischia un po’ di annacquare la tensione che in certi momenti si crea. Ti sei ritrovato più di qualche volta a controllare il tuo cellulare mentre lo guardavi; non che tu sia necessariamente un multitasker, più che altro i momenti topici sono intervallati frequentemente da altri di pausa - e pure piuttosto lunghi – che danno un po’ il senso di allungamento del brodo con acqua sporca tipo Gange fuori della stagione dei monsoni. Non hai mai avuto l’impulso di stoppare la visione, questo no; sicuramente per i più adrenalinici però il ritmo potrebbe essere un po’ lento.
Visto che hai scelto “verità” come chiosa scrivi che si tratta di un filmino senza pretese, per nulla originale, ma che per buoni tratti è piacevole e con una costruzione e sviluppo della trama un po’ lente ma consone. Visto che lor signori sono costretti a scegliere obbligo, ecco il film e sì, sei malefico quanto Calux e quindi vi tocca vederlo.
Blumhouse’s Truth or Dare: un altro classico teen movie horror
Reviewed by radish7
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07:00
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