Blame!: una piacevole avventura sotterranea




Di opere con un sapore vagamente post-apocalittico ne hai viste parecchie; diverse possono essere le cause che hanno determinato la situazione, diversi i contesti, diversi le reazioni dei personaggi ma il tema di fondo resta sempre lo stesso, ossia il disperato tentativo di sopravvivenza della nostra razza tra mille pericoli e mille peripezie. 

Quando hai visto Blame!, lungometraggio d’animazione del 2016 basato su un manga di Tsutomu Nihei, la sensazione è stata la stessa; tuttavia più di qualcosa ti ha colpito, rendendoti le quasi 2 ore di visione piuttosto piacevoli. 

Cosa? Superate il perimetro sotto. 


Essenzialmente quello che fa gioco come nemmeno il miglior Modric sono il contesto creato e la trama che in esso si svolge. 

Tempo addietro – ma nessuno ricorda quanto – l’umanità, prima fiorente, si è dovuta rintanare sottoterra avendo perso la “connessione” o la “sintonia” con la città: il concetto non viene mai precisato ulteriormente ma se ne può desumere che la nostra razza era riuscita a creare una Netsfera, ossia una rete, con la quale comandava i principali robot deputati allo sviluppo ed al controllo del mondo. I quali, ora, se ne vanno per i cavoli loro in quanto un “virus”, un “contagio” avrebbe fatto perdere all'uomo la “connessione terminale” di rete. Le diverse tipologie robotiche sono: 

- i Costruttori, che hanno cominciato ad edificare strutture indiscriminatamente e senza alcuna progettualità; giganteschi, non si curano della presenza degli umani nei paraggi in quanto non nella loro funzione; 

- le Safeguard, che ora hanno di mira la distruzione di tutti gli umani ormai visti come anomalie; in loro presenza l’aria puzza di ioni – qualunque cosa questo significhi – e alcuni possono assumere forma umana; in più viene solo accennato che si dividono in diversi livelli; 

- gli Sterminatori, dall’aspetto simile a ragni con faccia umana che possono ricordare tanto i lickers di RE per i loro movimenti che addirittura Alien specialmente per una parte dell’OAV in cui i protagonisti si trovano rintanati in stretti corridoi futuristici molto simili a quelli di un’astronave; 

- le solo nominate Torri di Guardia che dovrebbero essere in grado di rilevare la presenza di umani. 

Il sottosuolo è organizzato in livelli – si parla di addirittura 6000 livelli – di cui solo un paio si vedono nell’opera, ossia quelli all’interno del cosiddetto perimetro in cui si è rintanata la comunità dei protagonisti; tale spazio, sicuro in quanto le Safeguard non possono entrare, venne delimitato da Cibo, scienziata della città di Kaito, attraverso una barriera elettrica; non è dato sapere quando questo successe ma Cibo dice di aver atteso – nella forma robotica in cui si era permutata – per qualcosa come 17 milioni e 756 ore il che significa 1740 anni circa e viene pure affermato che quella zona fu scoperta dagli attuali residenti solo 300 anni prima. Ovviamente alla lunga cibo e mezzi di sussistenza scarseggiano, di conseguenza la comunità dei “Pescatori dell’Elettrosilos” come vengono chiamati – 150 anime in tutto, discendenti dei cosiddetti “Plantatori” – svolgono delle missioni esplorative utilizzando tecnologia – come delle tute che assomigliano molto alle divise dei samurai e degli Helmettal, ossia degli elmi che consentono una visione scannerizzata dei dintorni – che non sono più in grado di replicare. 



Per fissare questa situazione e tornare ad aver controllo sulle macchine è necessario trovare un umano che possegga ancora il Gene Terminale della Rete ed è esattamente sulla sua ricerca che tutta la trama si snocciola; Cibo può tuttavia crearne uno sintetico a patto di essere portata presso una delle Fabbriche dell’Automazione, ossia dei grandi centri in cui – da quel che si vede perché il concetto non viene spiegato a parole – vengono costruite le nuove macchine oltre ad essere presenti delle vasche di acqua in grado di creare cibo liofilizzato. Si scopre così che la matrice di tutta la rete è la cosiddetta Autorità che agisce come comando di tutte le macchine ma solo in conseguenza della sua programmazione originaria: dovrebbe essere dunque un’entità neutrale ma in realtà si dimostra addirittura in un certo qual modo benigna verso gli umani, fornendo a Cibo – visto che questo non le è proibito dalla sua programmazione – le coordinate per alcuni livelli non monitorati dalle Safeguard in cui quanto rimane dell’umanità si possa rifugiare. 

Fa molto Matrix come concetto? Sì, molto. E’ originale come idea di base o come costruzione del contesto? Forse no. Ma ti piace e parecchio. 

Così come, pure non rispondendo ai requisiti precedenti, apprezzi uno dei protagonisti, l’eroe della situazione: Killy, uno che se ne è venuto da 6000 livelli di profondità e salva ripetutamente la piccola comunità dalle minacce delle macchine. Una sorta di bel tenebroso – anche se non ci sono assolutamente capitoli di innamoramenti in questo OAV dedicato alla sopravvivenza, salvo un piccolissimo frangente che comunque non lo riguarda - , eroe ed antieroe, simile ad un personaggio schizzato fuori da un Final Fantasy, e pure misterioso il giusto. Perché se è vero che dichiara di essere umano, qualcosa non è che torni: possiede una vista scanner e calcoli che proprio non è che sia quella comune del tuo essere umano; pesa molto; usa una pistola a gravitoni che persino Cibo afferma essere tecnologia che nemmeno durante i suoi tempi sarebbero stati in grado di creare; la stessa voce narrante della storia – la nipote di una delle protagoniste, quindi un paio di generazioni sono trascorse – afferma di essere sicura che Killy fosse ancora lì da qualche parte alla ricerca del fantomatico uomo con il Gene Terminale, quindi forse il suo orizzonte di vita non deve proprio essere comune. 

E questa non è l’unica questione che il lungometraggio lascia. L’altra è infatti quella relativa a chi abbia dato origine a tutto, chi abbia programmato l’Autorità che i suoi ordini deve seguire. Gli umani prima del Contagio, verrebbe da dire; però ne vorresti sapere di più. Alla stessa maniera, non viene mai descritto in cosa consista questo Contagio che ha rimosso dal genere umano il Gene del Terminale: sa molto ma molto – ma è ipotesi solamente – di semplice perdita di una qualche password o codice di programmazione più che di qualcosa di inerente alla “fisicità” degli umani e pur tuttavia gli effetti sono visibili anche solo guardando negli occhi del soggetto – Killy afferma infatti di poter vedere negli occhi di Cibo i segni del virus -. 



Al di là del contesto e della trama, apprezzabilissimo è il comparto grafico – CGI di ultima generazione con alcuni effetti, quali lo slow motion, che davvero non stonano perché usati al momento giusto – e quello sonoro – in realtà, ending a parte, il motivo è sempre lo stesso con differenti arrangiamenti che si confanno molto bene ai momenti di sua proiezione -. 


In definitiva una dolce, malinconica e speranzosa avventura in grado di avvolgere lo spettatore in un contesto oscuro ma accattivante. Per chi stia cercando il Gene del Terminale il livello è questo qui. 

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