Ah, Jojo. Dal 1987, anno in cui viene dato alle stampe il primo manga di una serie ormai piuttosto lunga, è diventato icona di un differente tipo Battle Shonen ossia quello strategico in cui il personaggio non aumenta di livello in maniera Dragonballiana e non sblocca sostanzialmente nuovi poteri o abilità avendole già tutte in partenza ma centellinandole allo spettatore in maniera da mantenerlo interessato.
Abbinato al gusto dello “strano” e ad un’innegabile componente vagamente ma sommessamente gore, Le Bizzarre Avventure di Jojo (ジョジョの奇妙な冒険 Jojo no kimyō na bōken), si ritaglia così uno spazio e una nutrita schiera di appassionati fino a diventare probabilmente il brand più longevo – siamo ormai infatti alla Parte 8 – tra i battle shonen escludendosi quelli che si rintanano in facili re-make, side stories più o meno interessanti o continuazioni che creano notevoli incongruenze.
Ti ci è voluto un po’ per approcciarti a questo brand e, su insistenza piuttosto veemente di amico, hai deciso che lo fai: ti sei così guardato per il momento “Jojo: Stardust Crusader” anime che consterebbe pure di 48 episodi ma ti sei volutamente per il momento limitato alla prima stagione che consta di soli 24 appuntamenti. Perché? Forse per il tempo, forse per lo stand, forse perché già così ne hai visto a sufficienza.
I motivi per voler bene a questa serie sicuramente non mancano.
A cominciare dal fatto che ti gettano, così a tradimento, come ending “Walk Like an Egyptian” delle Bangles: ed in effetti la relazione, vista la trama, c’è eccome. Non contenti, ti appioppano una serie di riferimenti e di citazioni che non possono non lasciare lo spettatore di buon umore, passando dall'ilare e volutamente caricaturale fino al filosofico spinto pure senza mai eccedere. Così non deve sorprendere, o meglio lo farà solo nelle battute iniziali, che il protagonista sappia molto ma molto di Ken Guerriero e tutto sommato ne abbia persino lo stesso identico carattere o che tra i mirabolanti possessori di poteri ve ne sia uno che fa affidamento su una sorta di bambola assassina alla Chucky oppure uno che sembra uscito da uno spaghetti-western di Leoniana memoria.
E proprio tutta la dinamica dei poteri la trovi davvero interessante. In sostanza esistono dei Master che hanno la possibilità di manifestare degli Stand – degli spiriti, dovrebbero essere emanazioni della loro forza vitale – dotati ciascuno di varie caratteristiche; manifestarli quando non se ne ha stretta necessità significa esporsi ed esporre le loro possibili debolezze, motivo per cui il loro utilizzo assume le caratteristiche della modalità sparagnina che genovesi levatevi di torno, il che diventa anche comodo espediente con cui si può poi giustificare, alla bisogna, l’apparizione di una nuova abilità stranamente perfettamente adatta a quella che serve per superare situazioni altrimenti molto complicate. Piace però innegabilmente la sorpresa continua della scoperta dei nuovi stand – e pure dei nuovi possessori - man mano che i personaggi vengono alla ribalta e del resto, molto opportunamente, l’autore non si limita alle classiche e sempre viste abilità elementali ma introduce delle caratteristiche molto nuove e frizzanti giocando su un’amplissima gamma di possibilità. Se infatti fuoco, acqua e nebbia sono presenti, poi ti trovi anche facoltà come il controllo di marionette oppure addirittura esseri umani, giochi di specchi, pistole spirituali che Yu Yu Yakusho invidierebbe e molto altro ancora. In realtà a sollevare più qualche questione è lo stesso concetto di Stand: si tratterebbe di entità spirituali e intangibili le cui ferite vengono però avvertite dal master; tuttavia, in una commistione che aumenta il senso dello strano di questo anime, alcune producono effetti materiali direttamente sulle vittime che non siano master; non tutte sono benigne od utili per il portatore, né tutte vengono manifestate consapevolmente ed utilizzate con padronanza alcuna da parte del possessore. L’alone di mistero riguarda anche le loro origini: vagamente derivanti da qualcosa che abbia fatto tal Dio Brand, cattivone dell’opera, resuscitando dalla sua reclusione di circa 100 anni nei fondali marini in seguito al rinvenimento di una relitto di nave; collegati alle carte dei tarocchi di cui sono impersonificazione; di più, almeno in questa serie, non si dice proprio. In questa maniera divengono qualcosa di non proprio razionalizzabile, inquadrabile e comprensibile nemmeno per lo spettatore, il che accentua una delle altre caratteristiche di una serie che deve essere “sentita” e non “compresa” al fine di essere apprezzata.
E se gli Stand sono vari e tendono a sfuggire ad ogni logica, tale considerazione vale pure per i personaggi. Non molti, innanzitutto: il che permette di caratterizzarli bene. Tutti “strani” alla Jojiana maniera: stereotipi non troppo tali che possono andare dall'albino francese sfigato dalle buone maniere ma dalla pettinatura che nemmeno Guile di Street Fighter, allo studente con classicissimi capelli di colore improponibile sul rosa e acconciatura alla Elvis, fino al 70enne nonno del protagonista senza tratti particolari salvo un fisico scolpito che Stallone invidierebbe. E questi sono solo i “buoni”: dei cattivi nemmeno parli, si proceda alla visione.
Non basta? Beh, allora puoi pure parlare dei luoghi visitati perché questa prima parte della serie propone un viaggio dei protagonisti, a caccia dell’ineffabile Dio Brando che si prende il corpo del nonno del nonno di Jojo e sembra un bronzo di Riace appena scolpito, dalla Japponia fino all’Egitto passando giusto per qualche paesaggino caratteristico dell’Asia. E così, giusto per aumentare il senso di stranezza di una serie che altrimenti sarebbe troppo scialba, accade che all'arrivo nei vari paesi i nostri si concedano un piccolo sollazzo culinario che ti descrivono pure e zitto Gordon Ramsey. Qualche volta vi sono anche brevi descrizioni aggiuntive degli usi e costumi che comunque vengono visualizzati in maniera piuttosto pertinente già di loro; il tutto in chiave piuttosto ilare perché dai, a vedere il nonno di Jojo che se la tratta per il prezzo di n.5 Kebab con un negoziante Pakistano non può non scapparci il sorriso. Strategico persino in questo.
E per ultimo ti sei riservata la grafica che definiresti, anche se sorprenderà, ”strana”. Si inizia dicendo subito che la CGI viene riservata alla sola sigla iniziale e giusto a qualche – sporadica – scena di combattimento degli Stand – che oh, disegnare centomila tavole quando lo Stand del protagonista decide di fare il 100 pugni di Hokuto non è che sia veloce -; il resto viene disegnato alla vecchia maniera. Il disegno è davvero molto vario potendo passare da vaghe rimembranze di Ken Il Guerriero – dai, Jojo è lui, giusto con una uniforme scolastica invece di un bel chiodo con maglietta che si rigenera come nemmeno Phoenix dei Cavalieri dello Zodiaco ma con in più pure una totale assenza di espressione ed emozione - , fino addirittura a qualche sottile somiglianza a Yu Yu Yakusho – uno dei protagonisti ricorda in maniera lapalissiana Kuwabara – ; costante risulta essere qualche “sproporzione” sì da non fare sembrare la sua opera esattamente “naturale”; la colorazione, sempre vivida e audace, contrasta piuttosto amabilmente a tratti con il tema trattato, andando ancora una volta a lasciare piuttosto felicemente spaesati. Ti è poi piaciuta la trovata, puramente fumettistica ma sicuramente originale, di “lanciare” caratteri Japponici come nemmeno le alabarde spaziali di Goldrake dagli angoli più impensabili dello schermo in maniera da sottolineare le azioni più concitate. E’ una forma artistica molto particolare che mette di buon umore spiazzando e risultando per questo motivo mai banale o noiosa.
Bene, avresti pure finito. Vedrai le altre puntate? Probabilmente no. Alla fine si tratta di uno shonen cui si deve rendere omaggio per aver introdotto qualcosa di diverso quando le direttrici erano Ken il Guerriero, Dragon Ball e da lì a poco sarebbero stati i Cavalieri dello Zodiaco: tuttavia non hai a disposizione uno stand che possa prendere il tuo posto nel marasma di cose che ti sei proposto di vedere. Dio Brando stavolta l’ha scampata.
Jojo Stardust Crusader: strano, intrigante e non in stand by
Reviewed by radish7
on
07:00
Rating:
Nessun commento: