Non moltissimo tempo addietro su questo piccolo schermo avevi parlato dell’anime Akagi sulla scia di una sfuriata per gli anime sul gambling di Nobuyuki Fukumoto che era cominciata con una puntatina su Kaiji.
Ebbene, la produzione relativa al “Genio Disceso nell’Oscurità” non si è esaurita con il solo manga o con la trasposizione anime; no no, ai Japponici il tema piace assai ed ecco allora che arrivano un Live Drama di 10 episodi di circa 1 ora ciascuno nel 2015 – “Akagi - Yami ni oritatta tensai” che dovrebbe pure essere re-make di una serie omonima di esattamente 10 anni prima - e poi anche una seconda stagione di 5 episodi nel recente 2017.
Ecco, hai visto un episodio uno della serie del 2015; di solito non scriveresti nulla se non dopo aver completato la visione ma stavolta due righe le puoi anche buttare giù, su, a destra, a sinistra e pure sul muro della pesca.
Perché, pur trattandosi di produzione Japponica, è estremamente e piacevolmente ben fatta.
L’inizio è leggermente diverso da quello del manga, riportando un giovane che si trova presso la tomba di Akagi intento a fare dei riti propiziatori per la grande scommessa che dovrà fare quella sera. Irrompe a quel punto il canuto poliziotto Yasuoka proponendo al giovinotto di dargli la somma che gli serve se vinca una scommessa in cui dovrà puntare un suo braccio: ovviamente viene preso per pazzo furioso ed allora al poliziotto non resta che ricordare l’unica persona che sarebbe stata in grado di accettare una scommessa di quel tipo e poco importa che sia proprio quella sepolta nella tomba lì accanto. La serie Drama è, in sostanza, un lunghissimo flashback in cui si inseriscono, come altri flashback nel flashback, le vicende che invece l’anime mostra in tempo reale. Non ti dispiace: se si voleva sottolineare lo status di Akagi come “leggenda”, il modo non è quello sbagliato; se si voleva trovare un facile espediente per immettere pure lo spettatore che dell’anime o del manga nulla conoscessero nel mood dell’opera, beh, funziona benino.
Al di là delle scelte di sceneggiatura, a colpirti subito è la ricostruzione dei luoghi ossia quella della villa del pazzoide riccastro Washizu. Pregna di una ricchezza sfarzosa ma decadente con primi piani decisamente azzeccati sulla macabra arte che il vecchiaccio predilige, fatta di rappresentazioni semi demoniache e cannibali come il miglior Goya insegna. La regia funziona peraltro davvero bene, utilizzando sapienti contrasti di luci ed oscurità e mettendoci inquadrature spiazzanti e non attese ed andando così ad accentuare il senso del macabro che già di per sé la trama convoglia benissimo.
E se il contorno funziona sia tecnicamente che visivamente, pure i personaggi devi dire che ci mettono, almeno in parte, del loro. Il Japponico che interpreta Akagi, capello albino a parte, fa un buon lavoro a giudicare dal primo episodio: quasi apatico e abbastanza abile nell’evitare di dimostrare emozioni di cui il protagonista appare nell’anime non fornito, gli sfuggono giusto un paio di espressioni che non fanno trasparire compiaciuta partecipazione e diletto per la scommessa al limite della pazzia, quanto piuttosto lieve incazzatura nel sentirsi trattare come una sorta di pivello; in un paio di occasioni si apre poi a sorrisi che tutto sembrano fuorchè truffaldini. Anche il cattivone della situazione viene reso piuttosto bene: questo Washizu ispira potenza e soggezione da tutti i pori, circondato dalla sua schiera di Man in Black e dallo sfarzo decadentista della sua dimora.
Altra cosa che hai gradito sono decisamente le colonne sonore ed in particolare quella finale: al ritmo della melodia si aggiunge quello del filmato che riporta scene dell’episodio appena visto giocando molto su effetti di after editing davvero azzeccati, confermando sostanzialmente la tensione che già si poteva comunque percepire per una buona oretta.
Punti non piaciuti? Beh, ce ne devono essere, altrimenti avresti portato avanti la visione anche se il motivo principale sta nella lunghezza del Drama che va intorno alle 10 ore complessive. In realtà tutto scorre abbastanza bene, salvo che, come consuetudine di questo genere Japponico, talvolta ci si dilunga su particolari che proprio non possono colpire un occidentale: perché se non dispiace lo spiegone delle regole e se va benissimo l’introduzione della macchina di tortura, se colpisce pure abbastanza la visione di cilindri contenenti un liquido che, dovesse essere sangue, diresti che ha un po’ troppo ossigeno, poi però ci si prende giusto un tantino di tempo per qualche discussione francamente inutile che poteva benissimo essere skippata senza particolari remore. Anche l’attore che interpreta Akagi, poi, sebbene non contesti ma anzi plaudi le doti recitative, con il protagonista dell’anime c’entra un po’ pochino: un bishonen coi capelli tinti, niente forme facciali aguzze e naso appuntito – non lo potevi pretendere, eh – e niente sorriso aguzzo da squalo pronto ad azzannare la preda. Buono più per fare l’eroe di uno shojo che un biscaiolo che fa della scommessa esasperata la sua ragione di vita.
Insomma questa serie Drama vale la scommessa? Sì, ma magari il braccio te lo tieni stretto.
Akagi, la serie live action che non ti aspetti, il primo episodio
Reviewed by radish7
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07:00
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