Famo a capirse: di film trash ne hai visti ormai a bizzeffe, basta semplicemente fare un giro nei precedenti post di questa rubrica – non difficile, menù a destra e poi “Il filmone” -. Però…”Manos, the Hands of Fate” è di più.
Un'ora abbondante di qualunque cosa tu non possa nemmeno pensare potesse essere mai proiettata: questo il riassunto migliore per questa allegra produzione del 1966 di tal Harold P. Warren, uno che, nonostante sia un supposto regista, manco ha una pagina dedicata su Wikipedia.
5 motivi e…mica basterebbero.
1. Il ritmo
Non c’è. O meglio: viene continuamente spezzato con fasi di buoni due minuti ciascuna – quando va bene, possono anche essere di più - in cui si mostrano amorevoli colture non meglio precisate, inquadrature dal sedile posteriore dell’auto, fermi immagini più statici di Valderrama dei tempi migliori del centrocampo della Colombia. Crea atmosfera? No. E funzionale alla storia? No. Serve per spezzare un ritmo altrimenti troppo pressante? No. Che funzione hanno? Bella domanda.
2. I personaggi
Uno meglio dell’altro. Si comincia con l’allegra famigliola in cui nessuno serve a niente; si continua con i membri della famigerata magione tra un pazzoide del culto di Manos – su cui torni, eh – e un inserviente con handicap piuttosto evidente ma che si rivela alla fine un buono; in mezzo stanno due poliziotti poco loquaci ed ancora meno autoritari visto che vengono presi a pezze da chiunque inclusi un paio di ragazzi in auto che se la pomiciano di gusto salvo girarsi ogni volta che passa qualcuno in autostrada diretto verso la felice magione; si finisce con un gruppo di donne che occupano circa 20 minuti di film riuscendo ad articolare tutte le frasi con forse 10 parole in tutto.
Ed il bello deve ancora arrivare, eh.
3. Dialoghi
Vediamo come definirli. Il più delle volte innaturali. E potrebbe non essere un problema. Quasi sempre inconcludenti. E potrebbe pure andare bene comunque. Senza senso. Ecco, questo un po’ un problema lo è.
4. Il sacerdote di Manos
Il personaggio con la P e pure tutte le altre lettere maiuscole non fosse altro per il ridicolo costume da tenerone del Drive In ma con delle belle mani rosse disegnate a tutto campo. Sproloqui e frasi senza senso alcuno in forma di preghiere per tutto il tempo, più di allargare le braccia per mostrare il suo bel costumino non fa; però cattura le donne che si trovano a passare di lì e ne fa le sue mogli e chiamalo stupido.
5. La produzione
Da uno sguardo in Internet hai potuto apprezzare il fatto che ne siano successe di tutti i tipi, dal momento del concepimento dell’idea – sarebbe stata meglio una birra probabilmente – fino a quello della realizzazione. Citi giusto qualche aneddoto che mica hai foto di paesaggi a iosa da mettere in mezzo per spezzare il ritmo.
Il film nasce come una scommessa – allo spettatore giudicare se riuscita o meno – tra Warren, al tempo semplice comparsa in alcuni film, e lo sceneggiatore Silliphant. E questo è nulla. La sceneggiatura infatti fu originariamente scritta su un tovagliolo. Non basta? Successivamente arrivò il reclutamento del cast attraverso un teatro locale ed un’agenzia di modelle: con giusto un piccolo problema. Non c’erano soldi per pagare gli attori, di conseguenza fu loro promesso una parte degli incassi del film – indovini che probabilmente non è che abbiano potuto progettare il loro ritiro alla Maldive -. All’inizio del film non appaiono titoli di testa: vuoi credere che semplicemente il buon Warren se ne sia dimenticato ma in molti sostengono invece che non sapesse come fare. Durante le scene notturne, per cui non si avevano i mezzi necessari, appaiono continuativamente falene nelle inquadrature, come a dire, l’after editing ci fa una pippa.
Visto che era scritto nel destino che il film fosse un successo, all’inizio delle riprese una delle attrici si ruppe una gamba: si tratta dell’allegra pomiciatrice per la quale furono quindi scritte delle parti che prevedessero stesse seduta in auto. Ah, siccome così era troppo facile, l’attore che interpreta l’inserviente Torog era tossicodipendente e morì – perché il film porta anche bene – sei mesi dopo la fine delle riprese non potendosi così prendere un meritato Oscar.
Tralasci a questo punto tutta una serie di allegre storielle relative alla pubblicazione e al successivo rilascio del film giusto per dire che lo stesso Warren lo considerò “il peggior film mai fatto” ma…al destino non si può sfuggire ed allora fu riscoperto nel 1993 ed inserito come episodio finale della serie Mystery Science Theater 3000: troppo importante per cadere nuovamente nell’oblio, da allora divenne un cult e, francamente, le ragioni le si vedono proprio tutte date le inquadrature sui paesaggi che Twin Peaks levati.
In definitiva, e lo puoi dire forte, il miglior trashone che tu abbia mai visto: per chi voglia farsi prendere dalle mani del destino, oppure diventare una concubina, la direzione è questa.
Il filmone: Manos, Le Mani Del Destino…in faccia
Reviewed by radish7
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