Patto di Sangue, una sorellanza problematica




Hai appena terminato la visione di Patto di Sangue – in lingua albionica “Sorority Row” – delicato film horror del 2009 per la regia Stewart Hendler. 

E 5 ragioni 5 per scrivere qualcosa ce le hai anche se non appartieni ad alcuna confraternita. 


1- Scherzetto 

Il film inizia con un’allegra brigata di giovani donzelle appartenenti alla confraternita Theta Pi che essendo delle burlone decidono di fare uno scherzo – piuttosto di cattivo gusto – al ragazzo di una di loro: fingono che la sua fidanzata sia morta e inscenano proprio tutto per benino, compreso lo scaricamento del corpo in luogo appartato. E se la ridono. Ridono meno però quando, per accidente, il ragazzo finisce per infilzare la presunta morta con una chiave per montare le ruote: lui afferma sbalordito “ma tanto non era già morta?” mentre le altre panicano di brutto. 

Subito la capetta del gruppo – che intrallazza col figlio di un senatore, mica stupida – vuole vincolare tutti al silenzio: di fronte al rifiuto della protagonista, avvolge il cadavere nella sua giacca e la ricatta, dicendole che la accuseranno, prove alla mano, di aver ucciso la compagna di stanza. Particolare risibile che su quella giacca ci siano le sue impronte digitali e che da qualche secolo a questa parte la scientifica le possa rilevare. 

Silenzio: questa la parola chiave. Peccato che non sarà rispettata e da lì, 8 mesi dopo al momento del diploma, sorgeranno tutti i problemi. 

Incipit come si è visto altre volte – ad esempio il classicissimo “So cosa hai fatto” oppure “Un Natale Rosso Sangue” del 2006 di cui il film è stato addirittura accusato di essere un plagio bello e buono – che per funzionare però funziona

2 - Mistero 

Tutto il film si regge poi sul mistero delle morti delle persone coinvolte nell’incidente: chiaro e lampante che c’è un vendicatore – e pure mascherato – e partono nello spettatore – e nei protagonisti – le elucubrazioni. 

La dinamica, anche se trita e ritrita, ti piace e funziona, confortata da un ritmo del film tutt’altro che disprezzabile. Anche l’identità del vendicatore risulta abbastanza difficilmente prevedibile, altro punto a favore della pellicola; però la motivazione delle sue azioni appare francamente piuttosto artificiosa – o malata che dir si voglia -. 

3 – Riferimenti 

Che il film non sia certo originale l’hai scritto già due volte: varrà pure sapere che è un remake della pellicola del 1983 “Non entrate in Quel Collegio”. Ma, al di là di questo, vi sono evidenti citazioni ad altre opere, più o meno famose e lodevoli. 



Una porta che viene squartata con un’ascia per forza di cose richiama alla mente Shining; una doccia con inquadratura sapiente richiama Psyco; molte scene di fuga e anche il killer con la sua bella palandrana scura e maschera ricordano Scream; l’intero concept, come già visto, rischia il plagio bello e buono o quantomeno largamente si ispira. 

Ce n’è per tutti i gusti, insomma. 

4 – Horror 

Non così male devi dire anche se senza alcun spunto di innovazione. Ci si muove essenzialmente in ambienti scuri e con inquadrature alla “vedo- non vedo” piuttosto canoniche per l’assassino con un sonoro che usa frequenti cambiamenti di volume per sottolineare le scene più concitate. 

Piace invece la quantità di soluzioni per le morti: sono sempre effettuate con la famosa chiave per pneumatici – che fu anche l’arma dell’incidente – ma le diverse applicazioni sfiorano il fantasy: infilata nella bocca, lanciata sul petto, usata semplicemente come arma da taglio. 

Interessanti sono però altri due punti peraltro non facilissimi da notare. Il bracciale che la capoccia della confraternita offre alle ragazze viene indossato solo da due di loro e, guarda caso, saranno le uniche sopravvissute – addirittura in un caso salva da una caduta agganciandosi provvidenzialmente ad un chiodo - ; le morti sembrano vagamente seguire la legge del contrappasso – una delle ragazze che non dice mai no ad una bevuta viene uccisa con una bottiglia che le viene spinta fino all’esofago; quella che imponeva che tutto fosse insabbiato vede la sua bocca venire definitivamente chiusa con un filo di ferro e non proprio interdentale -. Bei tocchi anche se nel contesto generale sfuggono che è un piacere. 

5 – La catchphrase 

Che in inglesico significa grossomodo “la frase ad effetto”. Ed è questa qui 

«Sorelle per la vita... e la morte.» 

L’hanno presa proprio in parola. 



E avresti anche finito. Per tutti coloro che bramino essere parte delle Theta Pi la direzione è questa. Evitare magari le chiavi per le ruote.


Patto di Sangue, una sorellanza problematica Patto di Sangue, una sorellanza problematica Reviewed by radish7 on 07:00 Rating: 5

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